"Mia senza appartenermi"

Suona piacevolmente strano. Uomini che organizzano un seminario sulle donne e per le donne.

Per dire. O interdire?

Solo due sillabe in più, ma un abisso di differenza. Un conto è voler dire qualcosa, promuovere un pensiero, un'idea o un ideale. Un conto è voler interdire qualcuno, privarlo di una facoltà, sbraitare contro di lui. Ecco, scendere in piazza per me non può che seguire la prima accezione, quella a cui chi un tempo faceva politica davvero si ispirava sporcandosi le mani per battersi a favore di un diritto non per la sua negazione.

L'ultima messa, il primo giorno

Chissà perché all'ultima celebrazione liturgica dell'anno ci si ritrova sempre in pochi, sempre di meno. Colpa della fede che entra ogni volta più in crisi? Sicuramente non è aiutata dai contorni poco umili che minano di continuo la fiducia nella Chiesa. E per tanti è difficile distinguere tra credere in Dio e credere in chi quello stesso Dio lo serve e rappresenta in Terra. Ma non sarebbe strano pensare che l'ultima messa venga disertata perché è forse l'unico vero momento che si concede al famoso personale bilancio annuale. Non tutti ne vogliono davvero fare i conti.

Faccio l'amore tutti i giorni. E tutti i giorni nasce il pane.

Non può che nascere da un atto viscerale di desiderio, di attenzione, di cura. Come un figlio, che viene al mondo dopo essere stato in potenza nel cuore di chi lo aspetta.

Facciamo. Punto.

"Sono un uomo e ho sbagliato: non c'è da meravigliarsi". Nella campagna di comunicazione che ha accompagnato l'inaugurazione del nuovo Cavallino Bianco l'aforisma di Menandro si mescolava agli altri. Stralci del teatro di ogni tempo. E il tempo di oggi? L’errore che ha reso evidente è stato probabilmente di valutazione.

Un “non m’ama” senza ritorno

Uomo. Guarda il mio seno, curva dalla sensualità delicata, custode di dolce nutrimento. Guarda le mie gambe, muscolo teso del quotidiano peregrinare, vettore che dal basso spinge verso l’alto e prova a farti fare un salto. Guarda le mie labbra, forse dal troppo dire, morbido silenzio nel sorriso che ne dipinge le rughe ai lati, nel bacio che attendono.
Ora, uomo, chiudi gli occhi. Pensa a quel seno, quelle gambe, quelle labbra che hai appena guardato. E ora immagina che siano il seno, le gambe e le labbra di tua madre o di tua sorella. Forme gentili del tuo sangue.

Quando ormai si vola non si può cadere più

No. Una volta messe le ali l'asfalto non fa più paura. Ma in fin dei conti Cristian Pellegrino quell'asfalto non lo ha mai temuto. Lo ha preso a morsi, correndo incontro alla libertà, disegnando percorsi che non solo andavano a scovare luoghi, ma realizzavano veri e propri desideri. La strada gli ha fatto prendere il volo verso l'oltre che rimane un mistero e una speranza. Una fede, quella a cui si aggrappano tutti quelli che hanno dovuto dire addio al 27enne di Collemeto, morto prematuramente sabato scorso in un tragico scontro tra la sua moto e un'auto sulla provinciale 19.

Carlo e la piuma

Non esiste gravità. In un attimo siamo tutti a mezz'aria, sospesi. Un'altra dimensione in cui ad avere peso sono solo le lacrime, che bagnano l'asfalto come pioggia insistente, fitta e silenziosa. Bagnano la piazza troppo vuota. Bagnano notti che non saranno più le stesse. Non per te, Daniela. Non per i vostri bambini. L'urlo del dolore fa riemergere quella forza che attira al suolo e si ritorna con i piedi nel fango. La realtà è cupa, inspiegabile.

Toccare il cielo. Solo per dieci minuti.

Di fronte, proiettati l'uno verso l'altra. Prima gli sguardi, poi la vicinanza. Infine il bacio. Sono solo dieci minuti, dieci minuti di volo oltre ogni limite terreno. Dieci minuti di amore. Poi si allontanano nuovamente e tutta la magia si spegne. Sono Ali e Nino, due giovani profondamente legati, ma destinati a non stare insieme. La loro storia è celebrata dall'omonima scultura in movimento, unica nel suo genere, che si trova sulla spiaggia di Batumi, in Georgia.

Quel mattatoio chiamato Ateneo

Avete presente quel ritornello senza senso (una tradizione pseudo goliardica) che si sente intonare all'uscita dalle aule dell'università dopo le proclamazioni di laurea? "Dottore, dottore, dottore del buco del cul, vaffancul, vaffancul". Così, corona d'alloro in testa, i ragazzi che hanno raggiunto l'importante traguardo vengono accolti dagli amici.