L’antica chiesetta Santa Lucia (da non confondere con l’attuale di via Roma, i cui lavori ebbero inizio nel 1922), situata all’inizio della strada per Noha, è uno dei tanti beni comunali che attendono una nuova vita. Il luogo di culto, molto frequentato nel passato, è una testimonianza delle nostre tradizioni religiose, architettoniche e culturali; una volta recuperata, assieme alle tante opere presenti a Galatina (non solo la Basilica di Santa Caterina D’Alessandria), diverrà una nuova occasione per incrementare il turismo religioso, che, in questi anni (anche nell’ultimo colpito dalla pandemia), ha avuto un notevole incremento.
Una storia ultracentenaria non può andare perduta. E' sorta, come tramandato, in sostituzione di un’edicola votiva, che segnalava il luogo dove la strada Reale si incrociava con la Lecce - Leuca, denominata il “cammino di S. Pietro”. Poco distante venne, infatti, rinvenuta la pietra dove si sedette l’Apostolo, in cammino dalla Terra Santa a Roma, e nel lontano 1665 traslocata nella Chiesa Matrice, ammirata e venerata da centinaia di pellegrini.
In più occasioni, le Amministrazioni che si sono alternate alla guida di Palazzo Orsini, si sono impegnate a trovare i finanziamenti per il restauro. Il primo intervento è datato 1993. L’allora sindaco, il prof. Zeffirino Rizzelli, aveva inserito nel programma elettorale e nella sua dichiarazione programmatica, la necessità dell’acquisto, sino ad allora di proprietà privata; un decreto sindacale, nello stesso anno, dichiarò la struttura patrimonio artistico (promessa che non ebbe seguito per l’interruzione anticipata del suo mandato).
Nel 2000 si completò l’acquisizione al patrimonio comunale, il proprietario la cedette al prezzo simbolico di mille lire, il sindaco di allora era Giuseppe Garrisi.
Il 2019 sembrava segnare una svolta, e l’avvio della fase di progettazione e restauro sembrava imminente, e in poco tempo la chiesetta sarebbe stata resa fruibile alla comunità. L’avvio dei lavori fu reso possibile grazie ad un finanziamento di 25.000 euro della Sovrintendenza provinciale. Un primo intervento aveva permesso l’espianto di un albero di fico, cresciuto rigoglioso sul tetto. Per dimostrare che si faceva sul serio, e che ambizione dichiarata della Giunta Amante era quella di lavorare con sollecitudine per conservare il copioso patrimonio culturale, la struttura fu ingabbiata con robusti tubi innocenti, il tetto protetto da una solida copertura.
Anche in questa occasione, le aspettative sono andate deluse: a circa due anni tutto è rimasto immutato, non le infiltrazioni, l’umidità e l’erbacce, peggiorando così lo stato di abbandono.
Una domanda, infine, è legittima: il finanziamento di 25.000 euro è stato già speso per la messa in posa dei tubi e della copertura e il pagamento di due anni del loro affitto?