Si emozionava sempre nel leggere i necrologi che scrivevo. Avrò dedicato parole di nostalgici ricordi a davvero tanti amici e sconosciuti. Oggi in cui di parole ne ho ben poche e forse fin troppo scarne e graffianti nel petto, non posso esimermi dal necrologio dei necrologi, quello di mio padre.
Perdonatemi sin d’ora se non sarò brillante come magari mi è capitato di essere in altre circostanze.
Scrivo senza strepiti, con gli occhi asciutti eppure scavati da un anno doloroso, mentre la salma di papà è in una camera mortuaria di un ospedale che lascerà libero quel corpo esanime e segnato dalla sofferenza solo dopo tutti i freddi rituali burocratici.
Essere accanto a una persona così importante per la propria vita, nel momento in cui a quella vita dice addio in un modo straziante, è un’esperienza a me non nuova, ma che rimane unica, come unico era il rapporto che avevo con “l’avvocato”.
I confronti con lui erano sempre arringhe concitate da parte sua, argomentazioni più spicciole, ma veementi da parte mia. Eppure l’amore smisurato che mio padre nutriva per me rimarrà la certezza più grande di questi miei quarantasette anni vissuti accanto a lui.
A questo affetto unite pure una stima che forse pochi genitori hanno sincera per i propri figli, spesso osannati solo perché il ruolo impone di incoraggiarli a prescindere. No, papà diceva quello che pensava senza filtri e spesso, nei miei confronti, era un “brava, figlia mia” che costantemente io sentivo immeritato, ma per me di grande orgoglio.
Generoso, però fermo e caparbio, papà aveva nei suoi occhi color cielo tutta la signorilità di un uomo d’altri tempi, una galanteria fuori moda che ammaliava anche quando lo sguardo era ormai appannato dalla malattia. La musica e i libri sono nella mia memoria la cornice della sua esistenza.
Quando non si dedicava alle adorate pagine di Andreoli imbracciava la fisarmonica o si metteva alla tastiera. Si emozionava per una poesia, gli scendeva una lacrima ogni volta che si godeva il concerto di Capodanno in tv.
Si dice che ci si rassegna prima o poi ai lutti che sono nella natura delle cose. Arrivarci con un percorso impervio e fatto di dimenticanze, un linguaggio forbito che si scioglie nell’impossibilità di dire anche solo una frase di senso compiuto, una sofferenza generale che rende ogni piccolo gesto un’arrampicata tormentosa, non è proprio ciò che ci si immagina per un proprio caro.
Allora il passare dei giorni e dei mesi metterà da parte la rabbia e l’angoscia di quest’ultimo anno, ma un po’ di amaro in bocca rimane. Poi però in un attimo la gratitudine prende il sopravvento e pensare a quando c’era, pur con i suoi mille difetti e suoi infiniti pregi, prende le fattezze di un dono prezioso e ineguagliabile da custodire per sempre nel cuore.
Grazie a chi gli ha sempre voluto bene, a chi lo ha conosciuto solo per poco tempo, ma lo ha subito adorato, e a tutti voi che siete vicinanza costante della nostra famiglia, sia nella luce del giorno, sia nelle tenebre della notte.
A te, papà, grazie per avermi insegnato a essere fedele ai miei valori anche contro tutto e tutti. Tu ne sei sempre andato fiero. E a me quel tuo sorriso soddisfatto era un benestare che mi bastava e mi avanzava. Continuerò a vederti sorridere.
È la sola immagine che voglio avere di te.
Galatina.it, certamente con tutti i suoi lettori, si stringe accanto a Valentina, Massimo, Sandro e alla loro mamma Luceanna nel ricordare Anacleto Chittano, penalista di fama ma soprattutto un grande uomo. (d.v.)
"Se a morire è mio padre"