Una gaffe

Gentilissimo Direttore, che chi sia stata nominata Etoile del Teatro alla Scala di Milano abbia bisogno di titoli accademici o onorifici accanto al nome “per essere individuata e ricordata” è argomentazione assolutamente inesistente nella mia lettera al sindaco e mai il sottoscritto ha detto che “le serve” un titolo. Questo lo scrive Lei.
Io ho scritto a chiare lettere (e confermo) che chi ha lasciato quello spazio vuoto accanto al nome ha commesso una gaffe grande quanto una casa ed è indifendibile. Anzi, vorrei sottolineare che questa risposta alle sue riflessioni, mi preme, non tanto per dissentire da quanto Lei argomenta, su cui, invece, Le dico che sono, in generale, d’accordo, ma perché non si rischi di capovolgere il senso delle mie parole e il lettore colga, in forma non travisata, le mie intenzioni e il mio pensiero. Vede, dott. Valente, la nostra concittadina è già, come pure Lei scrive, “nella storia della danza (e non solo)” e di sicuro non è “per mettercela noi” che abbiamo l’obbligo di apporre accanto al suo nome l’appellativo, quanto meno, di “Sig.ra”, su una lapide commemorativa in cui sono indicati tutti gli altri nomi dei premiati che, per protocollo, ufficialità, educazione, stile, rispetto, decisione presa (faccia Lei), sono accompagnati da un: Mons., Prof., Dott. e Sen.. E’ un’iscrizione dedicatoria ufficiale destinata ai posteri. Non una pizza. Per quanto riguarda poi l’idea: “ il titolo non mettiamolo a nessuno”, è giusto quel che Lei dice, andrebbero tolti i titoli a tutti, ma che facciamo, rifacciamo tutta la lapide, che sta lì dal 1998 ed è stata così voluta da chi ci ha preceduto? O, non potendolo fare, lasciamo il distinguo, per “certificare” chi è più grande e chi lo è meno? A chi “serve” il titolo e a chi no? Comprenderà che quest’ultima, è un’ulteriore considerazione, sulla questione, da non trascurare; “un’angolazione di vista” diversa, che pure può esporre a sospetti e imbarazzi. Faccio un esempio. Nel corso della mia attività professionale, una volta mi è capitato di vedere un referto di visita medica, su sua carta intestata, di Umberto Veronesi; nell’intestazione, in alto a sinistra, c’era scritto solo: “Umberto Veronesi. Oncologo”. E, infatti, aveva forse Umberto Veronesi bisogno di scrivere i suoi titoli sulla sua propria carta intestata per farsi riconoscere? Certo che no. Ma mi è capitato di vedere anche la brochure di decine di congressi medici in cui i relatori, cattedratici e luminari di tutto il Mondo, avevano, ovviamente e dovutamente, i propri nomi elencati, uno su l’altro, tutti con il titolo di “Prof.”o “Dott.” e c’era anche il “Prof. Veronesi Umberto” tra loro. E’ cosa dovuta questa, Direttore, in una elencazione; è dovuta per equiparare tutti e per correttezza formale. Senza scomodare, poi, De Gaulle e i Francesi (in tutta la Francia è pieno di monumenti in cui il “Gen. Charles De Gaulle” è giustamente indicato così e non come “Charles”), noi Italiani chiamiamo da sempre “confidenzialmente” il Sommo Poeta semplicemente “Dante”, il più grande astronomo della nostra storia “Galileo”, per non parlare di “Leonardo”, ma sui monumenti, sui libri e sui documenti ufficiali è un’altra storia. Infine, la questione della discriminazione della Donna che, questa si, ho argomentato nella mia lettera; ecco, Le rispondo come segue, nel convincimento, conoscendola, che apprezzerà e coglierà il fine parallelismo. Lei cita Carlo Maria Martini e Umberto Eco (mai potremmo dire: il Card. Carlo Maria Martini e Umberto Eco o, viceversa, Carlo Maria Martini e il Prof. Umberto Eco) con quel che asserivano 20 anni addietro; io invece vorrei citare l’attore Paolo Villaggio e ricordare il suo personaggio Ugo Fantozzi, icona di uno spaccato della società italiana di 40 anni fa, purtroppo ancora attuale, per il quale il titolo di “ragioniere” veniva usato a “deminutio” della dignità del lavoratore e dell’uomo inferiore dinanzi al potente di turno e padrone: Il Direttore Megagalattico “Gr. Ladr. Farabut. di Gr. Croc. Mascalz. Assas. Figl.di Gr. Putt. Marchese Conte” Piermatteo Barambani Megalom (dal web). Allora, se c’è un personaggio che non ha bisogno di titoli per essere individuato e ricordato questo è quel lavoratore, ma se io dovessi incidere su una lapide il suo nome, scriverei, e non a caso, non “Ugo Fantozzi”, ma “Rag. Ugo Fantozzi”. Dinanzi al nome di una Donna bisogna sempre scrivere “Sig.ra”.
Antonio Antonaci

Gentile Antonio, chi siamo noi per non rispettare la volontà di Nicoletta Manni? La testimonianza di Cristina Dettù sopra riportata è chiarissima. Non servono altre parole. (d.v.)