A 102 anni è scomparso Antonio Ancora l'ultimo reduce di El Alamein

Si è spento l’ultimo reduce italiano della gloriosa battaglia di El Alamein, combattuta nel nord Africa Egiziano nell’ottobre-novembre 1942: Antonio Ancora, nato a Galatina il 09 aprile del 1921, avrebbe compiuto tra due giorni 102 anni. Depositario di un avvenimento storico di larga portata come la Battaglia di El Alamein, avendo ricoperto il ruolo di caporale paracadutista nella 5^ brigata del Reparto “Folgore”, è stato fino all’ultimo istante della sua vita di una lucidità di pensiero ineccepibile per quanto attiene ai valori di fedeltà alla Patria. Lo racconta il figlio Pio, socio fondatore della nostra Associazione Galatina al Centro, con esplicito orgoglio, nel ricordare le gesta di quei parà consumatesi sugli spiazzi sabbiosi desertici a poco meno di 250 km. dal Cairo. Impresa memorabile ed eroica che valse al Caporale Ancora e ai suoi commilitoni l’appellativo di Leoni del deserto, pur subendo gravi perdite ma infliggendone anche di maggiori al nemico. Il suo reggimento fu definito dalla parte avversa inglese, dei veri e propri “eroi” per la lealtà e l’ardimento dimostrato in battaglia, ed ai quali venne tributato il riconoscimento militare de “l’Onore delle Armi”. Non solo: gli atti eroici compiuti dai reparti della “Folgore” gli valsero i complimenti del premier inglese Churchill che riassunse la battaglia, il 10 novembre 1942, con la famosa frase: “Tutto ciò non può essere considerato come la fine; potrebbe essere il principio della fine, ma è certamente la fine del principio”. La targa commemorativa che delimita il punto di massima avanzata dell’esercito italiano incisa su un cippo, ricorda ancora quei combattenti con la scritta “MANCÒ LA FORTUNA, NON IL VALORE”. E forse mai questa frase ha un fondo di verità per gli italiani che anche dopo la Seconda guerra mondiale vennero ricordati dagli Alleati, primi tra tutti gli inglesi, per il coraggio e per l’attaccamento al tricolore. Concetto che Antonio Ancora ha sempre estrinsecato nella sua accezione più alta, ribadendolo in una recente intervista rilasciata alla Fondazione Terra d’Otranto e al Club per l’Unesco di Galatina, come il fuoco interiore che alimenta cuore e mente dei patrioti. “Un onore difendere il mio Paese, un onore aver rischiato ogni giorno la vita per tenere alto il tricolore. Momenti di gloria che hanno fatto in modo che quella battaglia passasse alla storia. La celebrità di quel conflitto deriva dal fatto che l’Ottava Armata alla guida del comandante Montgomery non riuscì mai a sfondare la nostra postazione. Eravamo poche decine di paracadutisti della Folgore. E alla fine, solo la nostra resa di fronte ad una forza impari permise loro di conquistare la vittoria. Accettarono la resa, ma con l’onore delle armi. Fu un episodio unico in tutta la campagna d’Africa. Per questo passammo alla storia”.