La storia di Lapo e del suo maldestro tentativo di giustificare con la sua famiglia la cazzata del falso rapimento mi ricorda con nostalgia un episodio della mia infanzia. Metà anni 70: potevo avere non più di 8-10 anni e mio fratello maggiore non più di 12-14.
Mio fratello aveva acquisito da mia madre, ex lassitudine, il privilegio di entrare in garage la sua Giulia 1300TI (targa LE 111614), una manovra di pochi metri e di estrema semplicità e rapidità. Errore di valutazione:mai considerare un pre-adolescente capace di gestire situazioni più complesse di una moltiplicazione con la virgola.
In quella fredda e tarda serata d'inverno ci dirigemmo eccitati, invece di percorrere i pochi metri oggetto della concessione, verso un viale all’epoca deserto (il viale dell'Istituto Professionale, zona ospedale) dove a causa della poca padronanza del mezzo e della velocità sostenuta incontrammo un palo che non volle scansarsi dalla nostra direzione di marcia procurando un danno non devastante ma certamente non ignorabile al muso della macchina.
Pronti escogitammo un piano minuzioso: giacché ci era stato concesso il privilegio di entrare la macchina in garage, se per ventura il danno fosse occorso nelle more di cotale manovra, non saremmo stati considerati colpevoli e la responsabilità sarebbe stata attenuata dal senso di colpa ricaduto sulla nostra irresponsabile madre.
Per completare il diabolico progetto, decidemmo di demolire con un piccone una parte del garage di casa per giustificare il malefico nesso di causalità: scarsa padronanza del mezzo e della frizione, parete irremovibile dell'autorimessa, danno al paraurti: elementare Watson!
Neanche a dirlo la parete che cercavamo di danneggiare si presentava di un solido cemento armato, quasi impossibile da scalfire. Dopo un po' decidemmo di desistere e ritenemmo che il danno procurato al muro fosse sufficiente a confermare il nostro alibi di ferro.
Tornammo a casa e raccontammo “spaventati" l'accaduto a mia madre che dapprima si accertò che fossimo usciti incolumi dall'episodio e successivamente si recò a verificare con mio padre lo stato dei fatti..., purtroppo per noi, i fatti per loro erano più chiari delle nostre spiegazioni, quei fatti dissero loro che... alla fine degli anni 70 non c'era telefono azzurro... Intelligenti pauca.
Ora veniamo a Lapo.
Tralasciando i suoi orientamenti sessuali e le sue pericolose dipendenze, sono affari suoi e della sua famiglia, o meglio quello che rimane della sua famiglia, Lapo appare, ahilui, ancora un adolescente rincretinito, tanto quanto lo fummo io e mio fratello qualche decennio fa.
A noi fu concesso negli anni '70, con estremo slancio di fiducia e con una certa dose di incoscienza, di far percorrere ad un auto 10 metri a motore acceso, a lui è stato concesso 40 anni dopo di disporre di un conto corrente capiente oltre il necessario per comprare giornalmente le sigarette e tre caffè.
Non giudichiamo il quarantenne Lapo, in fondo la differenza tra lui e noi è che il muro del suo garage è crollato completamente, in fondo la sua cazzata non era più grossa della nostra.
A pensarci bene un vantaggio però ce l’ha, eccome: oggi esiste Telefono Azzurro.
(da telegra.ph)