La notte

Continuammo a parlare per tutta la notte, senza fermarci un attimo. Seduti su una panchina di fronte al mare, con una luna che sembrava per  niente interessata ai nostri discorsi. L’alba, e che alba, ci sorprese ancora  a parlare e chiacchierare. C’eravamo trovati per puro caso durante un soggiorno per anziani organizzato da comuni diversi, in una splendida località di mare.  Io 80 anni da qualche giorno, lui 80 anni da qualche anno.   Volevamo vedere “la notte” i suoi colori, i suoi rumori. Non lo facevamo più da tanti anni, dopo averlo fatto tante volte da giovani.

Un privilegio straordinario

Non ricordo più chi per primo uscì dal finestrino di quella GIULIA Ti 1300 rovesciata in mezzo ad un campo incolto che aveva attraversato per centinaia di metri prima di rovesciarsi. Fatto sta che io e quel mio amico di none “Gino”, che tra l’altro guidava, un po’ spaventati e un po’ ammaccati ma vivi, uscimmo da quella macchina distrutta che andò a finire direttamente alla demolizione.

Chi lo dice a Papa Francesco?

Mi chiedo cos’altro potrà ancora succedere. Sento il Presidente del Consiglio Letta e mi sembra di sentire ancora Berlusconi. Dice “le cose vanno per il verso giusto”, “ci sono segnali di ripresa”, “ si vede già l’uscita del tunnel”,  avvitandosi in una retorica politica già nota ed immergendosi quasi contemporaneamente in uno stupido e immotivato ottimismo. Il Ministro Cancellieri, in formato un po’ umanitario  e un po’ comico ad interessarsi vivamente dei suoi, da tanti anni,  amici di famiglia. Intoccabile perché così vuole il Presidente.

Un profumo di rose

Avevamo un muretto e un profumo di rose in comune, un’età che si aggirava intorno ai 10 anni. L’entrata era da strade diverse ma da quel giardino confinante si sentiva una voce intonare canzoni di chiesa con una melodia che toccava il cielo e dava pace a chi ascoltava. Ed io ogni volta che sentivo quella voce stavo fermo, immobile ad ascoltare ogni parola. Per il tempo che seguì fu un crescendo di canti e di preghiere.

Quei colpi di riga sulle mani

Mamma che male quando quella riga picchiava forte sulle mie mani.  Tutta colpa delle “tabelline” che non riuscivo o non mi impegnavo ad imparare. "D’Errico alla lavagna" – fece la voce del professore e dopo qualche secondo ero già là.  Furono domande senza interruzione,  cinque per sette, sei per nove, otto per otto, fioccarono una dietro l’altra ed io puntualmente a sbagliare tutte o quasi tutte le risposte.

Un pomeriggio inseguendo un autografo

Quando lessi quel cartellone ancora bagnato di colla non mi sembrava vero. Il 13 ottobre la “AMOROSO” avrebbe incontrato i fans e firmato autografi in un centro commerciale.  Non me la sarei persa per nulla al mondo, ma non per me, avrei portato Ilaria, 9 anni e IV elementare. Conosce tutte le sue canzoni. I giorni che mancavano all’appuntamento furono tutti un’attesa, sino a domenica 13 ottobre.

La gioia dell'incontro e il dolore del racconto. Dalla depressione oggi si guarisce

Si sa com’è, cresci insieme a coetanei con cui condividi tutto, scuola, tempo libero, sport ed insieme trascorri il tratto di vita più allegro e spensierato. Tanti, non li  dimentichi più ma capita di non rivederli più. Magari ogni tanto  è volata qualche parola di troppo, per un rigore mancato, un suggerimento sbagliato o forse non arrivato. Può succedere di abitare neanche tanto lontani ma di non vedersi quasi mai. Chissà dov’è andato a finire – pensi - in quale città si sarà trasferito? Poi ti capita di incontrarlo per caso, tra abbracci, ricordi e nostalgia.

L'educata e tranquilla movida galatinese

Ho ancora nelle orecchie, discorsi un po’ rubati, un po’ raccontati. Qualcuno è stato fregato, qualche altro è scappato, a qualche altro è arrivato un conto salato, qualche altro è rimasto intrappolato.     Parlano di appartamenti trasformati in accampamenti. Qualcuno non riesce più a dormire per i rumori.  Solo conferme, la musica sempre quella, quella degli altri anni, un po’ peggiorata.

"Son diventato nero", un'ordinaria domenica al mare

Arrivo in spiaggia che sono già stanco e sudato. Per strada cinque chilometri di fila e la tentazione, ormai superata, di tornare indietro. Quel mare che non si muove neanche un po’ mi ripaga di tutto.    Su quel lettino all’ombra che sembra aspettarmi, getto acqua, giornali, borsa, occhiali da sole, maschera e pinne. Do una sistematina alle cose e poi via, disteso sul lettino col giornale che compro solo quando vado al mare. 

Quelle palafitte sul mare

Non ho ricordi molto chiari, e non ricordo neanche i luoghi precisi. Ricordo che quelle tre o quattro volte che si andava al mare in estate, partivamo dalla villa col pullman o dalla stazione col treno.     Destinazione Santa Maria al Bagno o Gallipoli. La cosa che faccio fatica a ricordare sono i luoghi in cui c’erano quelle cabine di legno a mo’ di palafitte sul mare, con una scaletta interna che ti portava dritto in acqua. Erano a schiera ed era una di quelle che prendevamo in affitto per l’intera giornata, su quella spiaggia che non ricordo.