Immensità

Non vinse il Festival di SAN REMO, ma per mia madre era stata la più bella canzone e per la verità fu una delle poche volte in cui ci trovammo tutti d’accordo. Ogni canzone in gara, veniva cantata da due cantanti e L’IMMENSITA’ era cantata da DON BACKY che se ben ricordo era anche l’autore, e da JOHNNY DORELLI. Io preferivo quella cantata da DON BACKY più rockeggiante, mia madre “innamorata” com’era di JOHNNY DORELLI, preferiva quella più melodica e sentimentale.

Il mio Dio

Il mio Dio è giovane e intelligente, ben vestito e pettinato, capelli corti e ben rasato.
Sempre presente, sempre paziente, mi aiuta ad andare avanti con consigli sempre brillanti.
 Il mio “DIO” non è mai triste o sofferente è sempre allegro e sorridente, mi aiuta a fare,
mi aiuta a non sbagliare, mi aiuta a migliorare.
A volte è silenzioso e preoccupato ma poi torna premuroso e affaccendato.
Ma quando gli chiedo qualche “miracolo” sorride e arrossisce, si allontana e sparisce.

Il più delle volte era già passata

L’arrivo dell’ Epifania, chiudeva tutte le feste e l’allegria, che aveva accompagnato quella quindicina di giorni di vacanza, faceva posto ad un velo di tristezza per il ritorno a scuola. I compiti da fare rimandati, come al solito, da un giorno all’altro, non erano mai fatti del tutto e a volte non erano proprio fatti. Alla Befana ci credevamo davvero, ben oltre l’età  sino a cui credono oggi i bambini ed era così forte il pensiero che quasi sempre ci svegliavamo di notte per vedere se era “passata” ed il più delle volte era già “passata”.

La letterina dimenticata

Non so se ancora oggi sopravvive, da qualche parte, quella “tradizionale” bellezza che  faceva scrivere ai bambini una “letterina” da mettere sotto il piatto di “papà” il giorno di Natale. Se non sopravvive più mi dispiace, io ne ho scritte tante per tanti anni e tante ne ho ricevute per altrettanti anni. Una lettera, con disegnini e brillantini che veniva  nascosta sotto il piatto del papà, che la trovava casualmente verso la fine del pranzo di Natale tra meraviglia, stupore e incredulità. Una lettera piena di buoni propositi, piena di belle intenzioni  che veniva letta ad alta voce.

È già Natale

Capita sempre così, ti coglie di sorpresa, arriva all’improvviso.
Hai ancora in giro maniche corte e asciugamani da mare e tra un po’…. 
E’ GIA’ NATALE.
Neanche un filo di freddo per avvisarti, anzi ti è sembrato di vivere
ancora gli ultimi giorni di un’estate  ancora troppo vicina.
Devi fare l’albero o forse il presepe, qualcosa di nuovo per addobbare,
per cambiare, per illuminare. Devi scegliere i regali da fare, i regali da
mettere sotto l’albero.
Forse è già troppo tardi o forse no, forse ci inviteranno o forse no.

Campioni!

Era la sede della squadra di calcio del Rione Italia, ed era una sola stanza neanche 4x4,  isolata in mezzo al buio pesto e ai bordi della cava, ora chiusa, davanti al campo sportivo. Non c’era nessuna costruzione nei paraggi e non era fornita neanche da luce elettrica. Le nostre riunioni per la discussione della tattica, dei moduli e dei ruoli, le facevamo al  lume di candela. Avevamo comprato con enormi sacrifici 10 completi di calcio tutti uguali, tutti a righe, il completo del “portiere”, il mio, l’avevo scelto io, tutto nero, calzettoni bianchi e colletto della maglia bianco.

"Ti porto sempre come esempio"

S’erano incontrate dopo più di 20 anni.  Lei  una “maestra” quasi sessantenne, l’altra un’ex alunna quasi quarantenne.   S’erano subito riconosciute, ma nessuna delle due aveva detto niente per paura  che l’altra non ricordasse più. Dopo un po’, non ricordo chi , una delle due si presentò,  l’altra ovviamente non aspettava altro e fu così che si  abbracciarono a lungo.
Quella maestra era stata chiamata dal preside e quel bravo preside le aveva raccomandato calorosamente quella ragazzina “ molto povera ed orfana del padre”. 

Londra, New York, Parigi

Quelle sere di primavera illuminate da una luna che conservava ancora tutti i suoi segreti,
ci sorprendevano quasi sempre seduti su un muretto a chiacchierare.
Eravamo così, il mondo lo vedevamo sui giornali o sui libri e il più delle volte lo immaginavamo
soltanto. Bastava una palma su una spiaggia assolata a muovere la nostra fantasia, bastava un
posto pieno di gente e di negozi a far correre la fantasia, farci sognare.
Era una sera di concetti profondi,
di America, di viaggi, di percorsi un po’ strambi.
Sognavamo di andare lontano,

Il comizio

L’alba mi sorprese ancora sveglio, a mettere in ordine tutti i pezzi del “comizio” che avrei dovuto tenere la sera.  Avevo appena chiuso gli occhi quando il suono della sveglia mi fece sobbalzare prima e  alzare dopo, ed erano appena le dieci quando la macchina cominciò ad annunciare in giro, il “ comizio” in Piazza San Pietro alle ore 18 e 30.

La ferrovia

Non avevamo una parola d’ordine, ci capivamo con lo sguardo. E quel giorno  a scuola non si entrava. Giusto il tempo di infilarci furtivamente nello chalet del Bar delle Rose dove intorno al Jukebox  che suonava le nostre canzoni, passavamo la mattinata sino all’ora dell’uscita dalla scuola. Poi  uscivamo pure noi dallo chalet e ci univamo    agli altri. Si tornava a casa come se avessimo trascorso un faticoso giorno di scuola.  E invece quel giorno di scuola era stato sprecato a cantare e ascoltare le canzoni dei Beatles, Santana, Jimi Hendrix  che erano le più gettonate di quell’anno.