Mi ritorni in mente

Lo vidi per la prima volta in TV che era al Festival di Sanremo. Correva l’anno 1969. Foularino annodato al collo, riccioli neri e doppiopetto blu, cantava “UN’AVVENTURA” ed era ancora in bianco e nero. Era LUCIO BATTISTI. Non smisi più di “seguire” la sua vita e i suoi successi in fila uno dopo l’altro.  Lo seguii ininterrottamente anche quando la sua fama cominciò ad appannarsi, quando cambiò musica e autori, quando ormai il meglio di sé, l’aveva già consegnato alla storia della musica.  

C'è un messaggio per me

Era stato uno dei primi messaggi ricevuti, mi aveva emozionato. Tante belle parole messe perfettamente in fila per augurarmi BUON ANNO. Passa appena una mezz’ora e mi trovo a ricevere lo stesso massaggio.  "L’avrà mandato di nuovo per sbaglio” – pensai – e invece no, chi lo inviava era un altro mio amico.

Solo per quella sera

Erano in 10 su quella macchina che mi raggiunse pochi minuti prima di mezzanotte. Ma, cominciamo dall’inizio.  Per una serie di strane coincidenze che si erano intrecciate e combinate, non trascorrevo la sera del capodanno con i soliti amici, con la comitiva di sempre. Eravamo affiatati e affezionati, ma quella sera non la passavamo insieme, avevamo però promesso di sentirci a mezzanotte in punto.

"Un'ostentata militanza che aveva più tolto che dato"

Abitavano al piano sopra di noi, lui fumatore accanito e gran estimatore dell’”anice” che metteva dappertutto. Un gran lavoratore, alle prese sempre con quelle poche lire che riusciva a guadagnare in quei tempi. A volte troppo allegro, a volte troppo arrabbiato. Lei, una persona sobria e generosa, una casalinga che non buttava mai niente di quel che cucinava, che faceva qualche piega ai pantaloni, o qualche altra riparazione, rammendava calzini, rivoltava il collo consumato delle camicie.

Il peggio deve ancora arrivare

Nel mio piccolo e per quel che vale,  vorrei fare anch’io un messaggio di fine anno, così come fanno le “alte cariche” dello Stato dall’alto delle loro “comodità e sistemazioni istituzionali”.                       Il mio messaggio è indirizzato a tutti coloro che hanno mangiato e bevuto e a coloro che hanno mangiato solo gli “avanzi”.

Buon Natale!

S’era fatto tardi ma quella stella polare accesa su quel presepe posto proprio davanti a me e quel cielo stellato che c’era alle sue spalle, mi facevano pensare a cose più grandi di noi, mi facevano pensare all’infinito. Mi si chiusero per un attimo gli occhi e non riuscii  più a tenere ferma la fantasia della parte di me che si era sempre rifiutata di crescere.

E noi tre volte vent’anni

Tra precariato e pannelli solari, tra internet e scommesse, curriculum e colloqui, esami e concorsi e mentre cresce l’ansia vedi il tempo che avanza. Tra un lavoro a termine e un progetto, un’idea che già butti, una risposta che non arriva e la crisi che si avvicina. E quando c’è più voglia di fare, più voglia di creare, quando c’è più rabbia vedi intorno. Tolta ai “vent’anni” la speranza, tolti i sogni, la costruzione di una vita, tolto il senso alla parola “futuro”.

Ventiduemilacinquecentotrentatre

22533Quasi le 8 e trenta quando esci di casa. Ci sono cose da fare, ci sono cose da organizzare. Giusto il tempo per un caffè, per fare benzina, per sentire qualche novità o sentire qualche stupidità. Guardi l'orologio, vedi il tempo che se ne va o c'è qualcosa che non va. Saluti un amico, che il tempo ha cambiato, diventato importante, raffinato ed elegante.

Il club degli sfigati

Per dare voce, dignità e riconoscimento alle tante persone "diversamente fortunate" che non hanno nè un luogo, nè uno spazio in cui confrontare le proprie sfortune con le sfortune degli altri, ho costituito insieme ad un gruppo di amici un' associazione culturale: " IL CLUB DEGLI SFIGATI". La sede non poteva che essere, considerati i recenti trascorsi, in GALATINA in un nuovo quartiere in via DELLA SFIGA, 17. Per essere ammessi a soci, bisognerà compilare una scheda, elencare uno o più casi di "sfiga" e presentarla in Segreteria che, nella sua totale autonomia, valuterà e poi farà sapere.

Il tempo che ci resta

Quando annunciarono che mancava poco più di mezz'ora alla chiusura non capii più niente. In quel parco acquatico cominciai a correre di qua e di là, salire e scendere da tutti i giochi possibili. Volevo rifarli tutti in quel poco tempo che restava. Avevo poco più di 10 anni e quella mezz'ora alla chiusura la vissi molto intensamente. Quando tutto finì ero felice, ero soddisfatto. Succede sempre così, le cose belle speri non finiscano mai, ma quando sai che si avvicinano a finire, ti affretti a viverle, vorresti fare le cose che avresti voluto fare ma che non hai fatto mai.