"Ci potresti far avere una caricatura di San Pietro?"

Gianni Vergine ricorda l'amico e maestro Melanton

"Ma come diavolo fa?" "Chi gli guida la mano, lu sciacuddhri?"
"None, quale sciacuddhri...ci sape quale santu ede, ca stè scusu inthru a ddhra matita."
Più o meno erano questi i toni che io, poco più che adolescente, ascoltavo durante le riunioni del comitato di redazione de " La Civetta ", il giornale che veniva pubblicato in occasione del Veglione della Stampa. A me piaceva molto mettermi in un angolo e partecipare, in assoluto silenzio, a quelle serate in cui, oltre che del Veglione, si metteva a punto l'organizzazione della Civetta, pubblicazione iconica del Carnevale Galatinese.
Ero reduce da qualche disegno fatto per i giornali d'istituto, alle Scuole Medie e al Liceo, niente di importante, sia ben chiaro, e il vedermi al cospetto di "professionisti", di quelli che " apevano fare" un giornale mi faceva sentire un privilegiato.
Piero de Paolis, Paolo Congedo, Gustavo Giordano, Carlo Caggia, Nino Lisi, Lucio Romano, Mario Congedo...e io a guardare i menabò, ad ascoltare le loro discussioni, spessissimo le loro risate quando si trovavano al cospetto di un articolo o una vignetta "che faceva sbellicare", oppure che faceva solo "sorridere", magari a denti stretti, a volte con un po' di mestizia, a seconda dell'argomento trattato.
Non erano molti i vignettisti della Civetta: Manpier (Piero Mangia), Farge (Geppino Faraone), Gianni (Gianni Vergine, cioè io, dal 1970), ma soprattutto lui.
Arriviamo quindi alla matita "col santo dentro". Io chiedevo a mio padre, uno degli organizzatori del Veglione: "Ma chi è questo che ha la matita col santo dentro?" "L'Antonio Mele, quello che abita vicino alla Stazione" - " Ma non lo vedo mai, non viene alle riunioni? "- "No, si sente imbarazzato, i disegni ce li fa avere in modo strano." - Già, in modo strano. Seppi tempo dopo, infatti, che Antonio, forse timoroso di quei giornalisti, forse del successo che gli si stava prospettando, recapitava i suoi disegni, pensate un po',  "imbucandoli " nella saracinesca ancora abbassata della Libreria Viva, in corso Umberto I, che era la redazione della Civetta.
La sua prima copertina la fece nel 1963, poco più che ventenne, e sinceramente si nota il tratto ancora "acerbo" che, negli anni a seguire, sarebbe enormemente migliorato sino a raggiungere le personalissime caratteristiche contemporanee.
I temi che ha affrontato nella sua sessantennale carriera erano tanti: dalla comicità vera e propria alla satira politica, sia a livello locale sia nazionale; dalla satira di costume sfociava spesso nel bonario pettegolezzo o al "taglio", ma soprattutto aveva una particolare predilezione per il tema dell'ecologia, della salvaguardia dell'ambiente.
Continuò negli anni seguenti la sua collaborazione con la Civetta, e non solo; alla fine degli anni '60 si trasferì a Roma e i suoi contatti con la redazione avvenivano per via epistolare. La sua lontananza, però, non gli impedì di dare una mano agli amici che erano rimasti a Galatina. Infatti alcuni di noi, io, Rino Duma, Piero Vinsper, Vittorio De Simone, raccogliemmo, immeritatamente e senza velleità di emulazione, la sua "eredità" e pubblicammo molte riviste di satira (Lu Presepiu, La Taranta, La Befana), le vignette erano mie e di Maria Prato, ma il contributo fondamentale era sempre il suo: non si tirava MAI indietro nel farci avere le sue bellissime tavole.
Non starò qui a parlare del suo curriculum, dei suoi incarichi o altro, nei giorni scorsi è stato pubblicato tutto su di lui, piuttosto vorrei ricordarlo come persona e amico.
Ritornava spesso a Galatina e non poteva mancare una sua visita al Circolo Athena, dove ritrovava tanti suoi amici di gioventù, dove si parlava di mille cose e di mille pettegolezzi. (Guai a parlar male della sua Juventus.) E qualche volta ce ne andavamo a cena al mare, spesso nella sua seconda città di adozione, Gallipoli. E qui era la 'crepazione' dei camerieri e dei gestori dei ristoranti. Non c'era tovagliolo che resistesse alla sua penna, a tavola erano vignette ovunque, ritratti dappertutto. E i gestori, all'inizio un po' "incavolati", quando si rendevano conto di chi fosse quell' "imbrattatore seriale" (il nome Melanton era più che noto), si univano a noi in un brindisi liberatorio.
Non è raro, se andate in giro per locali, vedere tovaglioli incorniciati alle pareti. Ed ora, caro Antonio, te ne sei andato troppo presto...mannaggia a te...e ci lasci così? Ci potresti far avere un ritratto...anzi...una caricatura di San Pietro? Puoi imbucarla sotto la saracinesca del mio garage. Non oso chiederti quella di Nostro Signore, anche se credo che poserebbe volentieri per te.
Già mi immagino la scena: tutti e due, su due nuvolette vicine, tu con la tua matita col santo dentro e Lui che ti guarda sornione e poi si sbellica dalle risate.
(Questo testo è apparso su 'il Galatino')