"Marinare la scuola oggi è del tutto inutile"

La lista SMG – Start My Generation vince le elezioni scolastiche al Liceo Vallone ma anche i ragazzi della NPT riescono a guadagnare due seggi

Negli anni ’90 entrare a scuola era un po’ come varcare la soglia di un tribunale: la cattedra troneggiava su una pedana di legno, a un’altezza sufficiente da far pensare che il professore potesse giudicare anche le anime. Aveva 32 anni, ma emanava la stessa energia di un veterano della Prima Repubblica, con quel tono grave da inquisitore e un’irrefrenabile passione per il congiuntivo come arma d’intimidazione. L’unica forma di comunicazione alternativa alla parola era il diario: si passava da un banco all’altro con la stessa segretezza dei messaggi durante la Guerra Fredda. Gli studenti si esercitavano più nella contraffazione grafica che nell’analisi del testo: c’era chi riproduceva la firma dei genitori con la precisione di un falsario fiammingo. Marinare la scuola, poi, era la disciplina olimpica degli anni ’90: un’arte raffinata, tramandata oralmente come le saghe di Star Wars. Si organizzavano scioperi fasulli per guadagnare un giorno di vacanza, qualcuno diffondeva leggende metropolitane su caldaie esplose, pidocchi mutanti e avvistamenti di roditori radioattivi portatori di pestilenze. Si narra ancora di un ragazzo che diede fuoco a un’aula pur di non fare l’ora di diritto. L’ingegno studentesco è sempre stato all’avanguardia. Nessuno sapeva esattamente cosa volesse dire “collaborazione”, e l’idea che un docente potesse provare empatia per uno studente era classificata come fantascienza: categoria “X-Files”.
Marinare la scuola oggi è del tutto inutile grazie al registro elettronico che non perdona, ma la verità è che marinare la scuola oggi è proprio fuori moda, o come direbbero i ragazzi, è troppo “cringe”. Sostanzialmente perché la scuola è diventata un habitat sociale, una specie di villaggio Marvel con professori che, invece di proclamare il terzo grado dall’alto di un pulpito, parlano con gli studenti come se dovessero fondare una start-up insieme. Sono ancora docenti, certo, ma agiscono come avventurieri alla ricerca di Eldorado e setacciano la tua personalità finché non trovano una pepita; ti parlano, ti spronano, ti ascoltano e, incredibile ma vero, sperano che tu abbia successo.
Oggi il multiverso scolastico si è ribaltato. La scuola, quella che abbiamo sempre sognato, è diventata cool, popolare, perché dentro quelle mura c’è qualcosa che negli anni ’90 non avremmo mai concepito: docenti che sorridono, che incoraggiano, che seguono gli alunni anche su Instagram e si sforzano di parlare la lingua di questa generazione, fatta di “bro” come vocativo universale, di inglesismi e acronimi, di ironia chirurgica che non descrive la realtà, ma la traduce in un formato esportabile. È una lingua liquida, velocissima, camaleontica: in continuo aggiornamento, costruita sulla logica dell’algoritmo e dei like, dove ciò che non si può condividere… quasi non esiste. Eppure, ed è la parte più sorprendente, dentro questa colata di satira digitale c’è un nucleo solidissimo: il desiderio reciproco di capirsi e la voglia dei prof di riconoscersi, di dire “ci sono, ti capisco, potrei addirittura piacerti”.
La recente maratona elettorale per il Consiglio d’Istituto del Vallone di Galatina è stata l’incarnazione di tutto questo.
Dimenticate le assemblee soporifere degli anni ’90: i ragazzi hanno organizzato dibattiti degni del Parlamento britannico, programmi elettorali da mettere in atto in caso di vittoria, strategie social più curate di quelle dei candidati alla Casa Bianca e gruppi WhatsApp trasformati in zone di guerra digitale stile Call of Duty.
Reels, slogan, dissing affilati come lame e confronti da far impallidire Jimmy Fallon. Alla fine, la vittoria è andata alla lista SMG – Start My Generation, ma anche i ragazzi della NPT sono riusciti a guadagnare due seggi.
Sedici candidati per quattro posti in Consiglio d’Istituto e una gioia collettiva degna della vittoria ai Mondiali del 2006, perché in fondo, se ha vinto la lista, ha vinto la squadra. E mentre qualcuno festeggiava come se non ci fosse il compito di matematica l’indomani, altri trattenevano quell’inevitabile nodo in gola, che nasce quando hai dato tutto ma un solo, assurdo, voto di scarto, ha scelto qualcun altro.

L’ho visto con i miei occhi, nell’auditorium della scuola, aperto a tutti per lo spoglio, forse un po’ freddo, ma infuocato di adrenalina, ansia, contentezza e qualche aspettativa disattesa. Una delusione elegante, ma palpabile. Nessun veleno, nessuna rissa: solo rispetto genuino per un grande progetto comune. E poi loro, gli eroi inattesi: i professori, i veri protagonisti del processo. Non più quei dinosauri degli anni ’90 col Regno d’Italia cucito addosso in vellutino a coste: oggi sono energici, interattivi, nel chill. Li vedi armeggiare fra urne, verbali e conteggi preferenze come cronisti sportivi, restando a scuola fino a tarda sera per lo scrutinio. Non più vecchi per definizione, ma giovani per partecipazione. Non più irraggiungibili, ma travolti dalla stessa eccitazione dei ragazzi che sostengono, incoraggiano, consolano. Per loro è un copione che si ripete ogni anno, ma proprio per questo sanno spiegarti che la sconfitta è una tappa, non una fine, perché vinci a prescindere se ci provi. E così, la scuola che un tempo sembrava un edificio grigio con dentro dei signori stanchi come prelati medievali, oggi è diventata una piccola città in fermento, dove ogni campanella è un countdown verso il prossimo progetto, il prossimo sogno, la prossima occasione per dire: “Io c’ero”. Forse è vero: gli anni ’90 ci hanno cresciuto, ma il presente ci sta insegnando qualcosa di ancora più potente. La scuola non è fatta solo di banchi, compiti e interrogazioni. È fatta di persone che credono, che osano, che lottano, che restano fino a tardi per uno spoglio elettorale e che, alla fine, insegnano che, vittoria o sconfitta, ciò che conta davvero è aver fatto parte di qualcosa di grande. E questo, cari amici nostalgici del Walkman, nemmeno la migliore Smemoranda, con tutte le sue tasche segrete, avrebbe potuto prevederlo. E allora, complimenti a tutti i candidati che hanno lottato per portare la propria lista sul podio e alla squadra SMG, che ora saranno “protagonisti del progresso”. Grazie ai docenti che, con dedizione e passione, hanno sostenuto questo percorso, trasformando una rituale elezione in un racconto di entusiasmo e appartenenza. E un grazie speciale a quei docenti “al passo coi tempi”, capaci di stimolare riflessioni come questa, in bilico tra presente e passato. E infine, un augurio sincero ai quattro ragazzi eletti: che il loro ultimo anno al Vallone non sia un semplice conto alla rovescia verso l’Esame di Stato, ma un laboratorio di idee, di coraggio e di visione. Che abbiano la forza di osare, di proporre, di cambiare. E di lasciare impronte così profonde da essere riconosciute anche quando non calcheranno più quei corridoi. Non per loro soltanto, ma per chi verrà dopo. Perché una scuola non resta viva grazie ai muri che la sostengono, ma grazie alle persone che la attraversano e hanno il coraggio di migliorarla.