Altri tre mesi di Cassa Integrazione per i lavoratori Minermix di Galatina e Fasano

Ieri la task force ha di fatto raggiunto un accordo che differisce il licenziamento collettivo di tutto il personale della Minermix (51 persone) con sedi a Galatina e Fasano, legando la proroga della cassa integrazione in deroga per cessazione dell’attività al rifinanziamento del fondo inserito nella Legge di Bilancio.
La proroga consentirà ai lavoratori di fruire dell’ammortizzatore sociale fino alla scadenza ultima dei dodici mesi, fissata al 26 marzo 2024. La crisi ha dunque colpito una realtà storica del panorama imprenditoriale salentino. Attiva da quasi 40 anni nel settore della produzione e commercializzazione di materiali da costruzione, ha legato il proprio successo (e purtroppo anche la sua fine) all’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia. Rimasta invischiata nella palude che ha coinvolto la principale committente, Minermix ha dovuto cedere non avendo trovato nuovi sbocchi commerciali.
Oggi, nonostante gli iniziali sforzi delle amministrazioni locali di Galatina e Fasano, non si intravedono spiragli di futuro. “Ringraziamo il presidente Leo Caroli per aver prontamente risposto alle sollecitazioni delle sigle sindacali ed aver convocato la task force regionale durante le festività” -dicono Giuseppe Maggiore e Luca Toma, segretari generali di Fillea Cgil Brindisi e Lecce.
“Ora non resta che sperare che il Parlamento completi i lavori di approvazione della Legge di Bilancio nei tempi previsti, in modo da consentire ai lavoratori la piena fruizione, fino a 12 mesi, della cassa integrazione. La speranza è che questi ulteriori tre mesi di sostegno al reddito, misura che nei fatti ha dimezzato le entrate dei lavoratori coinvolti, possano favorire una continuità aziendale”.
Preoccupano però gli scenari futuri: “Dal 27 marzo in poi il Salento rischia di perdere una realtà industriale importante. E tutto sta avvenendo quasi con rassegnazione, come se fosse un destino ineluttabile. Non è così. Questa vertenza simboleggia tutte le difficoltà che caratterizzano le politiche industriali nazionali e territoriali. Minermix, ma non solo lei, sconta l’azione dei governi, incapaci di trovare una soluzione adeguata alla crisi di Acciaierie d’Italia: l’incertezza sullo stabilimento tarantino si ripercuote infatti sui dipendenti diretti e sulle tante realtà dell’indotto. Se l’ex Ilva avesse una prospettiva diversa, sicuramente anche Minermix avrebbe un’appetibilità diversa.
Nel Salento poi paghiamo l’incapacità delle istituzioni, che negli ultimi decenni non sono riuscite a creare condizioni di contesto utili ad attrarre investimenti, troppo impegnate forse ad inseguire e commentare i numeri sulle presenze turistiche per accorgersi del progressivo smantellamento del nostro patrimonio industriale”, dicono Maggiore e Toma. Infine una sferzata alla classe imprenditoriale locale: “Auspichiamo che le manifestazioni di interesse a cui fa riferimento Caroli sulla stampa si concretizzeranno, ricolorando uno scenario oggi nero. A noi non resta che constatare amaramente come la classe imprenditoriale locale, sempre pronta a lamentarsi per l’assenza di manodopera qualificata, non riesca a manifestare interesse concreto per Minermix, né sappia offrire occasioni di reimpiego per il suo personale altamente qualificato. Basti pensare che dei 59 lavoratori registrati al momento dell'avvio delle procedure di licenziamento collettivo, solo 8 hanno raggiunto la pensione o sono riuscite a ricollocarsi. L’imprenditoria locale dovrebbe forse avviare una riflessione seria sulla propria capacità di investire capitali freschi a supporto dello sviluppo locale”.