Lo identifichiamo non di rado solamente con un luogo di cura, niente di più. Eppure l’ospedale, a ben pensarci, è come una grande casa che racchiude tra le sue mura le storie di tante persone che lì cercano in primis il concretizzarsi della loro speranza di stare bene, ma mettono al centro di questo luogo, dai ritmi a volte disumani, tutta la loro umanità.
Ecco allora che si intrecciano paure e sorrisi, fragilità e attese. E poi ci sono le gioie, grandi, emozionanti, anche in situazioni complicate e sospese. Tale è quella vissuta giovedì scorso presso l’ospedale “S. Caterina Novella” di Galatina.
Ma bisogna fare prima un passo indietro. Circa un mese fa una donna di un comune del Salento è stata colpita da ictus cerebrale. Le sue condizioni sono apparse fin da subito difficili. Dopo un periodo presso la stroke unit del “V. Fazzi” di Lecce, è stata trasferita nel reparto di Riabilitazione del nosocomio galatinese, guidato da Antonio Faita.
La donna, in apprensione per la propria salute, aveva nel cuore un'altra preoccupazione, quella di non riuscire a partecipare al matrimonio del figlio previsto proprio per questi giorni. Ma l’idea di poterle consentire una dimissione temporanea, per essere presente alle nozze, è stata subito esclusa dal primario e dalla sua equipe, vista la delicatezza del quadro clinico.
Il team medico però non si è dato per vinto e, in collaborazione con la famiglia della signora, ha permesso un piccolo grande “miracolo”. Il matrimonio è stato organizzato nella cappella dell’ospedale giovedì scorso.
In seguito a un lavoro assiduo, meticoloso e amorevole di medici, infermieri e oss, è stato possibile aiutare la signora a rendersi quanto più autonoma possibile. Le hanno fatto indossare l’abito che aveva scelto per la cerimonia e, davanti a parenti, amici e al personale sanitario che è stato presente costantemente durante il rito, la signora ha accompagnato il figlio all’altare con grande emozione da parte di tutti.
Decidere di celebrare il matrimonio lì, cambiando completamente i piani fatti chissà in quanti mesi, dovendo adattare tante cose alla situazione nuova, sembra un atto coraggioso. “Invece è solo un atto d’amore – afferma il fratello dello sposo – un amore che in modo indescrivibile abbiamo visto nel reparto coordinato dal dottore Faita. Tutti, nessuno escluso, hanno agito con empatia, pazienza e professionalità per garantire il massimo a mia madre. Ma è un modo che hanno di fare generale, con tutti i pazienti. È un reparto triste per la tipologia di degenze di cui si occupa, ma che si riempie di felicità grazie a ciò che uomini e donne dediti alla propria missione fanno quotidianamente. Non c’è bisogno di andare lontano per l’eccellenza, ce l’abbiamo qui, a portata di mano. Dovremmo solo aprire le coscienze, esprimere la nostra gratitudine e difendere queste professionalità”.
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