Mani che emergono dai flutti, modellate da fogli di giornale che gridano muti le parole che ogni giorno invadono le nostre case. Ma cosa fanno ai nostri cuori? Li induriscono? Li addolorano? L’altare della reposizione della basilica di Santa Caterina quest’anno ha voluto unire i simboli tradizionali del giovedì santo a un’immagine forte di attualità e di riflessione. L’emergenza immigrazione, il dramma di Cutro e tutto quello che il mare ci sta comunicando nel modo più tragico non possono restare fuori da questi giorni pasquali in cui celebriamo la morte e la vita.
Accanto alla presenza salvifica di Cristo Eucarestia c’è la scena cruda di un’umanità che affoga, mentre il messaggio di Gesù ci ricorda di amarci gli uni gli altri.
Sembriamo orami assuefatti a ciò che accade quotidianamente, da non sentire quasi più il turbamento che sarebbe umano provare davanti a ciò che sappiamo essere ingiusto e crudele. Ci basta spegnere il televisore o non spulciare più i social per girarci dall’altra parte e continuare la nostra routine.
In questo quadro, offerto dai frati di Santa Caterina e da chi ha collaborato con loro nella realizzazione dell’opera in cartapesta, c’è un monito importante che dovremmo sentire risuonare dentro in ogni preghiera che la Pasqua ci inviterà a fare. Il pane del banchetto dell’ultima cena sia condiviso con i fratelli non solo nelle intenzioni, ma concretamente nelle azioni piccole e grandi che possiamo fare per rendere meno straziante il mondo che ci riscopre più isole che donne e uomini uniti nell’amore.
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