La 'Pupa' trasformata in coscienza

Un'installazione del Liceo Scientifico e Linguistico “A. Vallone” di Galatina in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Nel cuore di Galatina, la storica fontana conosciuta come “Lampada senza luce” si è trasformata, per un giorno, in un potente grido collettivo contro la violenza sulle donne. Gli studenti del Liceo Scientifico e Linguistico “A. Vallone”, ieri 25 novembre 2025, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, hanno realizzato un allestimento simbolico destinato a lasciare il segno nella memoria della città. Non c’è stato bisogno di parole altisonanti né di microfoni. Un lungo drappo rosso, colore-simbolo del sangue versato e delle vite spezzate, scorre dalla statua seduta al centro della fontana fino ai piedi del monumento, come un fiume che attraversa il passato e il presente. Attorno, i volti e i nomi delle donne uccise nel corso di quest’anno fissano chi passa: sorrisi congelati nel tempo, ignari di ciò che sarebbe accaduto. Una rappresentazione difficile da guardare senza sentire un nodo in gola. Erano madri, figlie, lavoratrici, studentesse: storie diverse unite dallo stesso esito, un silenzio che non dovrebbe mai calare su nessuna donna. Epiloghi di relazioni malate in una società che troppo spesso interviene solo quando è già troppo tardi.
La Lampada senza luce smette di essere un monumento decorativo e diventa metafora di una società che spesso vede, ma non illumina; ascolta, ma non interviene; conosce, ma troppo di frequente tace. Gli studenti del Vallone lo sanno bene. Con questa installazione hanno voluto ricordare che la violenza non nasce all’improvviso, ma si alimenta di stereotipi, silenzi complici, battute che sminuiscono, gelosie scambiate per amore, dipendenze affettive che diventano gabbie. Fermarla non significa soltanto punire, ma educare, riconoscere i segnali e sostenere chi ha paura di parlare. Perché la verità, quella più dura, è che i femminicidi non sono eventi isolati, ma l’esito tragico di una cultura che ancora oggi tende a negare l’evidenza. Ogni volta che minimizziamo una parola offensiva, una battuta sessista, una relazione sbilanciata, aggiungiamo un filo a quella trama tossica che, un giorno, qualcuno tirerà fino a spezzarla.
Questa lotta non è una ricorrenza da calendario, non è una frase fatta, non si esaurisce con un post sui social. È un impegno quotidiano, fatto di ascolto, di educazione, di coraggio. È una rivoluzione che parte dalle parole, ma deve arrivare ai comportamenti. È un lavoro da svolgere nelle famiglie, nelle scuole, nelle relazioni, nelle parole che scegliamo e nei modelli che accettiamo. Perché ogni volta che una donna viene umiliata, picchiata, minacciata, controllata, uccisa, la nostra comunità fallisce.
Galatina, in questa commemorazione, ha visto la “Pupa” trasformarsi in coscienza. E quando un gruppo di liceali riesce a fare questo – senza palchi, senza slogan, senza clamore – si comprende che non tutto è perduto. I nostri ragazzi, con gesti semplici ma profondi, ci ricordano che la luce può tornare ad accendersi, perché la violenza non è un destino inevitabile, ma un problema culturale, sociale e umano. E, come tale, può e deve essere cambiato.
Non basta ricordare le vittime. Bisogna impedire che ce ne siano altre. Perché il rosso non è solo il colore del dolore: è anche il colore della ribellione, della responsabilità, della vita che non vuole più essere spenta. E oggi, grazie ai ragazzi del Liceo Vallone, Galatina lo ha gridato forte e chiaro.