“La chiesa del Carmine di Galatina. Trecento anni di storia (1724-2024)” raccontati da Giovanni Vincenti

La presentazione dello splendido volume ha concluso le celebrazioni per il terzo centenario dalla costruzione del tempio carmelitano galatinese

“Riusciremo a riempire la chiesa?” La domanda di don Stefano Micheli, rettore della Confraternita del Carmine, fatta nei giorni precedenti a Gino Rossetti, già priore del sodalizio, domenica 9 febbraio 2025 alle ore 19, ha ricevuto una risposta che ha superato ogni aspettativa. Tutti i banchi erano pieni e tante persone ascoltavano in piedi.
Si presentava “La chiesa del Carmine di Galatina. Trecento anni di storia (1724-2024)”, uno splendido libro, scritto da Giovanni Vincenti, ingegnere, direttore di cementerie e storico per passione.
Il volume, voluto dalla Confraternita per concludere, con un segno che rimanesse negli anni, le celebrazioni del terzo centenario dalla costruzione della chiesa di via Siciliani 1, stampato dalle Grafiche Panico, si compone di 136 pagine ed è arricchito dalle fotografie del giovane e bravo Vincenzo Casaluci.
Un prezioso apparato di documenti, scovati dall’Autore negli archivi e nelle biblioteche private e pubbliche del Salento e d’Italia (numerose anche le sue ricerche in Vaticano), completa l’opera che si avvale anche di un contributo “Sul filo della memoria” di Luigi Rossetti e delle presentazioni di Francesco Neri, arcivescovo di Otranto, Vincenzo Pisanello, vescovo di Oria e già rettore del ‘Carmine’, di don Stefano Micheli e di Antonio Giovanni De Maria, attuale Priore della Confraternita.
“Una chiesa non è soltanto pietre e opere d’arte ma è un luogo di incontro con Dio e con gli altri -ha detto Gino Rossetti nel corso della serata facendo eco a don Stefano Micheli (“Auspico una profonda unità fra l’aspetto civile e artistico dell’opera architettonica e quello interiore della fede”) e a Fabio Vergine, sindaco di Galatina (“Questo è uno scrigno di fede e di bellezza e questa comunità ha un importante ruolo sociale”).
Padre Francesco Neri ha confessato il suo “debito verso la famiglia carmelitana” fin da quando, bambino, abitava a Bari nei pressi del Carmelo e la sua mamma gli fece indossare lo scapolare. Poi, girando lo sguardo intorno all’unica navata del tempio galatinese, ha ricordato quasi commosso quello che gli disse l’arcivescovo Balestrero: “Le chiese devono farci sentire che entriamo in Paradiso”.
“Non c’è archivio che Giovanni Vincenti non abbia consultato -ha sottolineato Giancarlo Vallone, storico e professore emerito dell’Università del Salento, sull’onda dei ricordi di quando, da bambino, veniva accompagnato dal padre Aldo, (fu uno dei più illustri dantisti al mondo), dalla loro casa al di là della strada, nella chiesa del Carmine per insegnargli a scoprire il bello, in particolare soffermandosi davanti allo splendido altare del Presepe.
“Scrivi meglio di quanto parli, mi ha detto mia figlia perciò sarò breve -ha esordito, quasi schivo, l’Autore, prima di lasciarsi andare ai ricordi. “Sono cresciuto in questa zona (il salotto di Galatina). Sul sagrato di questa chiesa ho giocato a pallone e -ha confessato- ho anche rotto con i miei amici le lampade che lo illuminavano. Spero, con questo libro, di farmi perdonare”.
Il ricordo dei fanti delle due grandi guerre che, prima di partire per il fronte, passavano dal Carmine per ricevere lo scapolare ha concluso un incontro che le celestiali armonie dell’organo settecentesco, magistralmente suonato dal maestro Antonio Sedile, hanno reso ancora più prezioso e quasi indimenticabile.