L'auspicio di una Serie A geograficamente più equilibrata

Osservando la mappa della Serie A, come quella che spesso circola prima dell'inizio di una nuova stagione, emerge con chiarezza una realtà geografica che va oltre il semplice dato sportivo: un'Italia calcistica palesemente sbilanciata, con una netta preponderanza di squadre provenienti dal Nord e dal Centro-Nord, a fronte di una rappresentanza significativamente più esigua del Mezzogiorno.
Questa configurazione, quasi una costante nel panorama calcistico italiano, non è certamente casuale. È, innegabilmente, anche il riflesso di più ampie dinamiche socio-economiche e culturali che da decenni caratterizzano il Paese, delineando due macro-aree con percorsi di sviluppo, infrastrutture e, talvolta, opportunità profondamente diverse.
Non è questa la sede per un'analisi approfondita delle complesse questioni economiche e del vasto potenziale, spesso ancora inespresso, del Sud Italia; temi che meriterebbero trattazioni ben più ampie e specifiche. Ciò che invece merita una riflessione appassionata, e a tratti dolente, è il tema del tifo e dell'incoraggiamento alle squadre, soprattutto in relazione a questa disparità geografica. È fonte di sincero rammarico, infatti, osservare come una fetta significativa di appassionati residenti nel Mezzogiorno – giovani e meno giovani – diriga il proprio sostegno, la propria fede calcistica, verso le blasonate squadre del Nord Italia. Un fenomeno radicato, quasi tradizionale, che vede intere famiglie e gruppi di amici tifare con fervore per club che hanno sede a centinaia di chilometri di distanza.
Questa scelta, del tutto legittima sul piano individuale e spesso motivata da decenni di successi e dalla conseguente risonanza mediatica di tali club, ha però una conseguenza diretta e tangibile: complica ulteriormente la possibilità di una ridistribuzione più equa del calcio di vertice su tutto il territorio nazionale. Se una parte consistente del potenziale bacino d'utenza locale nel Sud distoglie la propria attenzione (e, di conseguenza, le proprie risorse emotive ed economiche – biglietti, merchandising, abbonamenti TV) dalle squadre della propria terra, come possono queste ultime crescere, consolidarsi e competere ad armi pari?
Si innesca una sorta di circolo vizioso: meno seguito locale si traduce spesso in minori introiti, minore appeal per sponsor e investitori, e di conseguenza minori possibilità di costruire squadre competitive che possano ambire a traguardi importanti. E la mancanza di successi, a sua volta, può scoraggiare ulteriormente il tifo locale, spingendo le nuove generazioni a guardare ancora una volta verso i club storicamente più vincenti del Nord.
Non si tratta, è bene sottolinearlo, di emettere giudizi o di colpevolizzare chi compie una scelta di cuore, spesso tramandata o nata da genuine passioni infantili. Piuttosto, l'intento è quello di sollevare una questione, di indagare con curiosità le dinamiche di questo fenomeno e le sue implicazioni.
Viene da chiedersi: cosa servirebbe per invertire, o quantomeno mitigare, questa tendenza? Basterebbero successi sportivi più costanti delle squadre meridionali a riaccendere un campanilismo diffuso e a "convertire" i tifosi "stranieri in patria"? Oppure è necessario un lavoro più profondo sull'identità e sull'orgoglio territoriale, che veda nel sostegno alla squadra locale non solo un fatto sportivo, ma un mattone per la crescita e la valorizzazione dell'intera comunità? Come si può coltivare un senso di appartenenza che vada oltre la semplice classifica della domenica? E quanto pesa, in questo contesto, la narrazione mediatica nazionale, spesso più concentrata sui grandi poli calcistici tradizionali? Può il calcio diventare un volano per riscoprire e valorizzare le specificità e le energie positive del Sud, anche agli occhi dei suoi stessi abitanti, invogliandoli a "investire" emotivamente sulle realtà più vicine?
Sono domande aperte, spunti di riflessione che non hanno risposte semplici né univoche. L'auspicio, però, è quello di vedere, in futuro, una Serie A geograficamente più equilibrata, non solo per una questione di equità sportiva, ma perché il calore e la passione ineguagliabile del Sud possano tradursi più diffusamente in un sostegno diretto e viscerale per i propri colori, contribuendo a scrivere nuove, entusiasmanti pagine della storia del calcio italiano. Una sfida culturale, prima ancora che sportiva, che merita di essere indagata e discussa con mente aperta e cuore appassionato.