Il 'processo' ad Aldo Moro

Il 'processo' ad Aldo Moro

1. 6. Il 29 marzo arriva il comunicato n.3, diffuso ancora  contemporaneamente in quattro città, con allegata una lettera di Moro a Cossiga in cui il rapito invita lui e, per il suo tramite, tutti a considerare l’ipotesi di uno “scambio di prigionieri”. E’ un tentativo di rompere quel “fronte della fermezza” che si era da subito costituito. Il comunicato afferma che Moro stava “collaborando” e che nelle sue intenzioni la lettera a Cossiga doveva essere riservata ma poiché “…nulla deve essere nascosto al Popolo…” i brigatisti avevano deciso di renderla pubblica.
Siamo all’inizio, nella fase in cui i brigatisti sono ancora “duri e puri” e credono di poter gestire loro soli la situazione fino in fondo. Tradiscono Moro pubblicando la prima sollecitazione del prigioniero ad una trattativa che egli, giustamente, voleva tenere riservata. Nel prosieguo saranno i brigatisti a volerla, direi disperatamente, e a utilizzare tutti i canali riservati da Moro suggeriti. Valga per tutto la famosa telefonata di Moretti alla famiglia dove con tono accorato chiede loro di fare pressioni su Zaccagnini affinché faccia un intervento “chiarificatore”…insomma almeno una parvenza di riconoscimento politico.
Al tempo stesso la promessa che nulla verrà nascosto al popolo verrà disattesa; la retromarcia inizia nel comunicato n. 6 dove, pur in contraddizione con altre parti dello stesso comunicato, si dice che in fondo tutto ciò che Moro aveva detto era già noto alla classe operaia avendolo essa sperimentato sulla propria pelle.
Eppure Moro, oltre al ritratto a tinte fosche di Andreotti e dei suoi rapporti con Sindona e quelli demolenti su Cossiga e Fanfani, aveva delineato come si fossero sviluppati il tentativo di colpo di stato del 1964, la strategia della tensione e piazza Fontana, i finanziamenti illeciti ai partiti (D.C. e P.C.I. compresi), lo scandalo Lokheed, la nascita e l’organizzazione di Gladio, l’ accordo segreto con i Palestinesi. Alla faccia del tutto noto! Di materiale scottante ce n’ era eccome ma non vollero  o ,più probabilmente, non poterono divulgarlo.
1. 10. Il 10 aprile giunge il comunicato n.5 nel quale i brigatisti si compiacciono delle informazioni fornite dal prigioniero e in cui è allegata una sua lettera molto dura nei confronti dell’ On. Taviani e che si conclude con il sospetto che la linea della fermezza abbia ispiratori tedeschi e/o americani.
Su questo punto sono ormai note le ripetute minacce(negli anni precedenti) di Kissinger a Moro in relazione alle ventilate aperture ai comunisti (“ …se Lei insiste su questa strada la pagherà anche sul piano personale…veda come la vuole intendere”). Spesso negli USA si accostava la futura esperienza italiana a quella già compiutasi in Cile (I famosi spaghetti in salsa cilena). Ma anche la Germania aveva contrastato fieramente le ipotesi di apertura ai comunisti.
1. 12. Il 18 aprile avvengono due fatti: viene scoperto, in modo fortuito?, un covo a via Gradoli e viene fatto trovare il falso comunicato n.7 quello in cui si annunciava che il corpo di Moro “suicidato” si trovava in fondo al lago della Duchessa nel Reatino. Le ricerche del corpo non daranno ovviamente alcun esito.
Il comunicato è falso come detto, brevissimo, e con una prosa che si discosta di molto da quella degli altri comunicati , eppure fu preso inizialmente per buono dalle autorità. L’ autore fu Toni Chichiarelli della banda della Magliana. Data la brevità  del testo vale la pena riportarlo.

IL 'PROCESSO' AD ALDO MORO
Oggi 18 aprile 1978, si conclude il periodo "dittatoriale" della DC che per ben trent'anni ha tristemente dominato con la logica del sopruso. In concomitanza con questa data comunichiamo l'avvenuta esecuzione del presidente della DC Aldo Moro, mediante "suicidio". Consentiamo il recupero della salma, fornendo l'esatto luogo ove egli giace. La salma di Aldo Moro è immersa nei fondali limacciosi (ecco perché si dichiarava impantanato) del lago Duchessa, alt. mt. 1800 circa località Cartore (RI) zona confinante tra Abruzzo e Lazio.
E' soltanto l'inizio di una lunga serie di "suicidi": il "suicidio non deve essere soltanto una "prerogativa" del gruppo Baader Meinhof.
Inizino a tremare per le loro malefatte i vari Cossiga, Andreotti, Taviani e tutti coloro i quali sostengono il regime.
P.S. - Rammentiamo ai vari Sossi, Barbaro, Corsi, ecc. che sono sempre sottoposti a libertà "vigilata".
18/4/1978
Per il Comunismo
Brigate Rosse

Di fatto il finto comunicato conteneva due messaggi trasversali indirizzati a quelli delle BR che detenevano lo statista: 1) Moro deve morire 2) Se non seguite le nostre indicazioni vi faremo catturare e vi faremo fare la fine di quelli della RAF ( che furono appunto “suicidati” nel carcere di Stammheim). Se si pensa che nella stessa giornata fu fatto scoprire il covo di Moretti a via Gradoli (una doccia lasciata aperta e incastrata in modo che l’acqua si infiltrasse attraverso una fessura al piano di sotto) il messaggio dovette arrivare forte e chiaro a chi di dovere. Anche perché la scoperta del covo fu fatta dai pompieri, e le televisioni, guarda caso, arrivarono  prima di polizia e carabinieri! Poi l’indicazione di un posto preciso (ma lontano) in cui cercare la salma poteva anche avere la funzione di distogliere  forze dislocate su Roma e agevolare quindi un passaggio di mano del prigioniero come in effetti vi fu a quanto pare,  però solo negli ultimissimi giorni.

1. 13.       Il 20 aprile perviene il vero comunicato n.7 che definisce il precedente una provocazione, esplicita per la prima volta la richiesta  di uno scambio di prigionieri e allega una seconda foto di Moro con in mano il giornale del giorno relativo alle ricerche di lui sul lago della Duchessa; vi è poi un ultimatum di quarantottore. Nello stesso giorno vengono recapitate (tramite Don Antonello Mennini) tre lettere di Moro: una alla famiglia, una a Paolo VI e una a Zaccagnini contenente un ultimo disperato appello ad abbandonare la linea della fermezza.  
Qui vale la pena di soffermarsi sulla figura di don Antonello Mennini. Viceparroco della chiesa di S.Lucia al Trionfale era amico e confessore di  Aldo Moro e divenne ad un certo punto il percettore dei messaggi inviati dal prigioniero tramite i cosiddetti postini Morucci e Faranda. Si dice che abbia avuto un ruolo nella raccolta dei fondi che il Vaticano aveva accumulato per il pagamento di un riscatto concordato con un loro intermediario.
Si vociferò che abbia avuto accesso alla prigione di Moro per ricevere l’ ultima confessione del condannato e dargli gli ultimi conforti religiosi. Questa tesi fu clamorosamente confermata da Cossiga (ormai Presidente emerito) in un’ intervista a sky tg 24 ancora reperibile in rete.
E’ certo però che da semplice Viceparroco ebbe, all’ indomani della scoperta del corpo di Moro, la nomina a Nunzio Apostolico, godendo così dell’ immunità diplomatica, e tutte le richieste di ascoltarlo da parte dei giudici italiani rimasero inevase dalle autorità pontificie.
1. 16.  Il 29 aprile partono dal “carcere del popolo” undici missive di Moro destinate a personalità politiche, un ultimo disperatissimo tentativo di trascinare quanti più possibile sul fronte della trattativa avendo avuto notizia delle posizioni di Craxi (pubbliche) e di Misasi (riservate).
Craxi aveva assunto una posizione che era a favore di una trattativa sia pure non nei termini posti dalle BR. Forse per calcolo politico, forse per genuina sensibilità umana, forse per entrambi. Di fatto tramite l’on. Claudio Signorile furono contattati Pace e Piperno (in quanto esponenti dell’ ultrasinistra e che si sapeva avesse contiguità con le BR romane). E questi a loro volta contattarono Morucci e Faranda che a quanto si sa furono i più convinti sostenitori della salvezza di Moro. La trattativa andò avanti per un po’ ma poi avvenne l’ epilogo improvviso. Ma la cosa importante è che di questa trattativa si seppe solo anni dopo da un fumetto! La rivista Metropoli (di cui erano redattori gli stessi Pace e Piperno) pubblicò questo fumetto che raccontava la prigionia di Moro e la trattativa intercorsa con  il PSI, mostrando di essere al corrente di molti particolari allora sconosciuti, collocando la prima prigione di Moro in un garage in Prati e , soprattutto, rendendo i volti di alcuni sollecitanti la trattativa ( Signorile e Fanfani) ben riconoscibili. Signorile fu costretto ad ammettere e fu così che la cosa divenne di dominio pubblico, finalmente.
Non meno sorprendente è il fatto che Morucci e Faranda, dopo la loro uscita dalle BR si erano rifugiati in casa di un’ altra redattrice di Metropoli , ex moglie di Piperno, di nome Giuliana Conforto. La sorpresa nasce dal fatto che Giuliana era figlia di Giorgio Conforto – nome in codice Dario – agente del KGB sin da prima della guerra. Altra sorpresa: l’appartamento di via Gradoli era stato dato in affitto a Moretti da un’ amica della Conforto  (Francesco Grighetti “Professione Spia” ).
1. 18. Il 9 maggio, mentre la D.C. si apprestava, tramite Fanfani, ad effettuare un qualche parziale riconoscimento politico e il Presidente Leone aveva – come ebbe a dire – “…una mano sul cuore e l’altra sulla penna” per firmare la grazia a Paola Besuschio e il Vaticano aveva pronti i denari (10 miliardi di lire, si dice) il cadavere di Aldo Moro fu fatto ritrovare nella famosa Renault rossa  in via Caetani.
La situazione precipitò improvvisamente. La versione fornita  è che  vi fu un dibattito all’interno del nucleo dirigente delle BR e a maggioranza si decise per l’esecuzione della sentenza. Alle 6 del mattino del 9 maggio 1978 Moro fu fatto uscire dal cubicolo portato bendato nel garage del condominio di via Montalcini, fatto sdraiare nel portabagagli della Renault rossa e infine ucciso con due colpi di pistola e una sventagliata di mitraglietta  Skorpion con silenziatore. Autori dei colpi Moretti e Gallinari. Poi l’ auto attraversa tutta Roma e viene parcheggiata in via Caetani (dove affaccia l’ omonimo palazzo) intorno alle 8:00. I due alla guida si dileguano su una Simca che li aveva seguiti.  Moretti chiama un amico della famiglia Moro, perché li avverta , alle 12:30.
Intorno alle 13:00 arrivano i primi poliziotti artificieri, intorno alle 14:00 l’auto viene aperta e viene rinvenuto il cadavere. Questa è la versione dei fatti così come ad oggi ricostruita ufficialmente. Ma……

1)      La dinamica dell’ uccisione appare inverosimile.
2)      Parimenti inverosimile  il tragitto per mezza Roma con il cadavere di Moro nel porta bagagli.
3)      Se Moretti ci teneva che la famiglia arrivasse per prima non si capisce perché aspettare tanto a chiamare.
4)      L’ autopsia (a parte quanto già detto in precedenza) oltre a rinvenire sotto le suole tracce di filamenti di stoffa (in vicinanza di palazzo Caetani vi erano negozi di tessuti e quindi avrebbe camminato in edifici da quelle parti) faceva risalire la morte alle ore 10:00 di quella mattina.
5)      Recenti rivelazioni di Vitantonio Raso (un artificiere convocato lì quella mattina) ci dicono che in realtà le loro operazioni iniziarono alle 11:00 e che egli poté constatare che il sangue dell’ on. Moro era ancora fresco, più fresco di quello delle vittime di via Fani dove pure era intervenuto tempestivamente.
6)      A palazzo Caetani (dotato di un comodo passo carrabile) aveva accesso Hubert Howard marito ed erede della defunta Leila Caetani, generale britannico, americano di nascita , esperto di guerra psicologica (PWB)  e, manco a dirlo, con conoscenze nei servizi americani e anglosassoni; ma vi aveva anche accesso Ygor Markevitch marito separato della cugina di Leila, Topazia Caetani, con un passato nella Resistenza e che ebbe parte attiva nel salvare Firenze dalla distruzione nel momento in cui si profilava in quei luoghi uno scontro militare tra americani e tedeschi. I due fra l’ altro si conobbero in quell’ occasione. Dei due si disse che erano i famosi “ misteriosi intermediari”. Qualcuno invece ipotizzò che Markevitch fosse il “Grande Vecchio” o comunque “l’ Anfitrione” come Morucci  definì il personaggio che ospitava la Direzione Strategica a Firenze dove venivano prese le decisioni. E in effetti Markevitch disponeva a Firenze di una villa che poteva ben prestarsi allo scopo. Il nipote Cristiano Lovatelli Ravarino nel suo sito omonimo avvalora questa tesi: (http://www.cristianolovatelliravarinonews.com/articoli/markevitch.html)
Comunque sia andata è singolare la presenza di questi due personaggi proprio in quel palazzo che si affaccia sulla via dove fu fatto ritrovare il cadavere dell’ on. Moro.
(fine parte quarta - continua)

Sul rapimento e l'uccisione di Aldo Moro è tutto noto? (1)

Uccisione di Aldo Moro, i fatti (2)

"Moro si faceva la doccia anche quattro volte al giorno" (3)