“Ho scritto lettere piene d’amore” è il titolo del Ventaglio che Robert De Paolis, artista galatinese, ha consegnato il 26 luglio 2023 a Ignazio La Russa, durante la tradizionale Cerimonia organizzata dai giornalisti parlamentari per augurare buone ferie al Presidente del Senato e tenutasi quest'anno presso la Sala Koch di Palazzo Madama.
L'opera del quarantottenne allievo dell'Accademia di Belle Arti di Lecce è stata scelta attraverso un concorso nazionale ed è stata realizzata, si legge sul sito dell'Accademia, "con tecnica mista con il coordinamento della professoressa Rosanna Lerede".
L'ex-studente del Liceo Vallone di Galatina spiega in dettaglio come ha concepito "il ventaglio": "L’opera -dice- nasce da un episodio di vita familiare. Qualche tempo fa mio nipote, un bimbo di 10 anni, stava buttando via i suoi soldatini di plastica. Gli ho chiesto come mai avesse preso questa decisione. Mi ha risposto che, dopo aver visto le immagini della guerra in Ucraina al telegiornale, ha pensato a quei suoi coetanei, che ogni giorno vivono sotto le bombe e vedono sfilare per le strade carri armati e soldati, e quindi ha deciso che con ciò che riguarda la guerra non si può giocare. Ho recuperato dal cestino dei rifiuti parte di quei soldatini: sono diventati il punto di partenza di una fitta trama, simile a delicato pizzo, poi dipinta di bianco, colore che evoca la purezza e l’innocenza, e schizzata di rosso, il colore del sangue, delle ferite, ma anche simbolo dell’amore. Proprio quest’ultimo elemento ha fatto affiorare alla mia mente il ricordo di una celebre poesia di Giuseppe Ungaretti, il grande scrittore del Novecento che visse in prima persona l’esperienza traumatica della Prima guerra mondiale: “Veglia”, lirica del 1915 contenuta nella raccolta L’allegria (1931). “Cima Quattro il 23 dicembre 1915. / Un’intera nottata/ buttato vicino/ a un compagno/massacrato/ con la sua bocca/ digrignata/ volta al plenilunio/ con la congestione/ delle sue mani/penetrata/ nel mio silenzio/ ho scritto/ lettere piene d’amore/ Non sono mai stato/ tanto attaccato alla vita”. Il poeta, con linguaggio scabro ed essenziale, rievoca un frammento della sua vita in trincea: le lunghe ore di attesa accanto al cadavere di un commilitone. Ciò lo mette a diretto contatto con l’assurda atrocità della guerra, con la violenza bestiale che essa scatena, ma al tempo stesso gli fa percepire con potenza uno struggente amore per la vita. Proprio i versi ho scritto lettere/ piene d’amore sono divenuti titolo del mio lavoro, a sottolineare il drammatico contrasto tra il dolore che la guerra, ogni guerra, porta con sé e l’anelito alla vita e alla felicità che è proprio di ogni essere umano".
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