Gentile direttore, i social media, come diceva Umberto Eco, “danno diritto di parola a legioni di imbecilli” e questo non dovrebbe ormai più stupirci. Credo infatti sia un mio problema il fatto che continuo a sorprendermi quando, proprio tramite i social, non faccio che constatare quanto sia sempre più sconosciuto il senso dell’empatia, di ció che è opportuno, della vergogna. Mi è capitato proprio ieri, quando mi sono imbattuta nella pubblicazione oltremodo simpatica di un nostro consigliere comunale che ha ben pensato di fotografare e pubblicare il manifesto funebre di un suo omonimo concittadino, lasciando visibile anche l'indirizzo del defunto, ora e luogo del funerale, per scherzare sul fatto che per lui invece, fortunello, non fosse ancora giunto il giorno del giudizio ma, cito testualmente, l’evento fosse rimandato a data da destinarsi. Mi chiedo se sia mai possibile, prima di pubblicare qualcosa così tanto di cattivo gusto, non essersi chiesto se un gesto del genere avrebbe potuto ferire chi in quello stesso momento piangeva un padre, un fratello, un nonno, un amico, divenuto oggetto di scherno, proprio nel giorno dell’ultimo saluto, per la sola colpa di avere un nome molto comune. Mi chiedo se sia mai possibile che, ammesso anche di trovarlo divertente, non si sia fatto un pensiero almeno per la posizione che si ricopre, quel minimo rispetto dovuto, se non a un dolore umano come quello della perdita, almeno al ruolo istituzionale del quale si è stati investiti con fiducia.
È un problema mio, torno a dire, meravigliarmi ancora. D’altronde assistiamo ad amenità del genere, che non conoscono pudore, ogni giorno.
Sono legioni intere, sì, aveva ragione Eco.
Ma se occupano posizioni di potere, di responsabilità, di prestigio, di fiducia appunto, e gliele abbiamo date noi, il problema credo ce lo si debba porre eccome.
Le mie più sentite condoglianze alla famiglia del compianto signore, omonimo del consigliere, i cui funerali verranno celebrati oggi pomeriggio. Mi rammarico per la vostra perdita e per il rispetto che è stato negato a voi e a chi oggi non c’è più.
Cara lettrice, il fatto a cui fai riferimento potrebbe aprire una discussione importante sul limite che ci dovremmo porre tutti e che invece spesso amiamo superare, soprattutto quando crediamo di avere un cuscino morbido su cui cadere, quello dei social. Mi sorprende constatare la cecità di chi non si accorge di quanto quel mondo, se esplorato esclusivamente con la luce fioca e traballante del proprio egocentrismo, sia in realtà pieno di spine e conseguentemente di dolore.
Mi ero imbattuta anch’io nelle pubblicazioni di cui parli e anch’io mi sono posta delle domande, ma sono interrogativi a catena che partono più indietro rispetto all’evento di queste ore. E purtroppo non ho risposte che mi soddisfino, solo tanta amarezza e la consapevolezza che siamo davvero tutti diversi. Fino a che punto però è lecito lasciare che questa diversità attacchi senza alcuna conseguenza quello che dovrebbe essere il comune senso del pudore?
Il rispetto, questo sconosciuto.
Grazie per la segnalazione.
V.C.