Errai, candido Dino; assai gran tempo,
E di gran lunga errai...
Così vedendo,
E meditando...
Profondamente, del mio grave, antico
Errore, e di me stesso, ebbi vergogna.
Aureo secolo ormai volgono, o Dino,
I fusi delle Parche.
Oh menti, oh senno, oh sovrumano acume
Dell'età ch'or si volge! E che sicuro
Filosofar, che sapienza, o Dino,
In più sublimi ancora e più riposti
Oggetti insegna ai secoli futuri
Il mio secolo e tuo!
Or torno addietro, ed al passato un corso
Contrario imprendo, per non dubbi esempi
Chiaro oggimai ch'al secol proprio vuolsi,
Non contraddir, non repugnar, se lode
Cerchi e fama presso lui, ma fedelmente
Adulando ubbidir: così per breve
Ed agiato cammin vassi alle stelle.
Ond'io degli astri desioso, al canto
I pubblici bisogni omai non penso
Materia far ...
...ma la speranza io certo
Dirò, la speranza, onde udibil pegno
Già concedon gli Dei”...
Come certo tu saprai, caro Dino, sono versi questi da me indegnamente sottratti alla celebre Palinodia al marchese Gino Capponi del Conte Giacomo Leopardi, e cosa ancor più indegna, da me modificati alla bisogna. Palinodia sta per ritrattazione; e come quel grande ritrattò le sue critiche al suo tempo, così io, infinitamente più modesto, ritratto le mie ed innalzo un inno alla Città di Galatina, ed alle sue vere speranze, indirizzandola a te, Valente di nome e di fatto, nella cura della tua amatissima cittadina.
Certo i miei semi-versi sono troppo rozzo omaggio alla grandezza, che imprendo a celebrare, ma mi faccio schermo delle parole del Grande Dante “poca favilla gran fiamma seconda” e prendo il coraggio di inviartele nella speranza che più alti verseggiatori e artisti seguiranno, eleggendo a fine dei loro sforzi e talenti l’esaltazione dell’ineffabile fulgida bellezza, che può solo opacamente trasparire dai miei miseri tentativi. Ma basta con gli indugi; eccoti l’abbozzo d’Inno.
“Celebri Galatina i suoi Nuovi Eroi!
I tuoi veri eroi, Galatina, sorgi ed onora!
T’illudesti un tempo, o Ingenua,
che fossero i tuoi grandi, i cui nomi
risuonavano e risuonano nelle Aule
d’Italia e d’Europa, del Mondo.
Vezzosa ed altera immaginasti, Galatina
La gloria della mente di Zimara,
e del pennello sublime di Toma;
prisca rosa sognasti con i modellati
di Martinez, le xylopitture di Mariano
i mille e mille fogli del Cavoti;
t’insuperbisti dei poliscienti Mezio,
e Vernaleone, Cavazza e Galatino;
e ombrosa t’aduggiasti per il polemico
apologista Arcudi, che tanto ti difese;
ti commovesti alla sagace penna del Papadia;
beatissima ignori la vastità dei pensieri e delle
cure sicilianèi. Né t’allietano, no,
ormai i canti e le musiche del Cafaro e del Lillo;
così come ignoti a te si stanno l’Albanese
e i tuoi grandi imprenditori.
No, Galatina, volgiti dalle passate glorie
E risorgi una e celebra ed onora
I toui veri eroi, ineguagliabili, irrefrenabili.
Celebra il manipolo ebbro dell’Eterna Giovinezza,
incanutita, che impavida sfida le Notti,
nell’eco amplificata di Dioniso, coi suoi eroi
stretti alle Baccanti, ridenti e
urlanti, onora Galatina chi
osa far guerra instancabile al Giorno
ed alla sua servitù ai quadranti, chi
indomito ricorda ai pavidi
che tutti siamo Orda e che la sacra
Legge dell’orda è l’imporsi sopra tutti
E lo sfidare ogni Legge che non sia la
Propria turgida virtù.
Sorgi Galatina e celebra chi dà lustro
Immortale alle tue Notti.
Non tremare davanti alla forza
E all’impudenza, alla baldanza, quasi
Fanciulla in forse. Anche se
Impallidirebbe Achille e sbiancherebbe Aiace
Davanti l’audacia dei condottieri di coppe e bicchieri.
Unisciti ai canti ed alle danze; già da tempo
I tuoi adolescenti fremono ed imitano
I gran coppieri, scorazzando e cantando
Alteri a notte fonda. Abbeverati
Anche tu, come loro, ai sacri
Fonti di Bacco, rafforza il Manipolo degli
Ebbri! Che tremino Soleto ed Aradeo,
e Corigliano financo, pieghi il forsennato
orgoglio Cutrofiano, e Nardò
impiccolisca e Maglie si spauri.
Nulla e nessuno fermerà i tuoi canti
E i tuoi nuovi santi.
Risorgi Galatina, esulta, innalza
Nuove stele, le vecchie abbatti.
Per te sorge Nuova Aurora, comincia nuova vita.
Inauditi Amori t’attendono fanciulla
Galatina, nella maggiore età. Nelle ebbre Notti per essi
calpesterai gli acidi moralisti
e le beghine invidiose e ottuse, celebrando
la giovinezza incanutita eterna.
Innalza nuovi altari ai nuovi dei, Galatina,
il dio dei Beventi, il dio dei Gaudenti.
Attingi, attingi alle sacre bacchiche sorgenti.
E danza, Galatina, danza danze
Vertiginose sino all’Aurora Nuova.
Vola Galatina sul carro alato dei
Tuoi nuovi eroi e varca inesausta
Varca ogni limite terreno, ascendi
Verso l’Infinito. Ebbra nelle Notti
Coi tuoi sacri Eroi, esulta,
Assolta dalle umane leggi, Galatina
Solo figlia risorta delle Divine,
E abbraccia le Baccanti, ridenti
Danzanti, con te, per te,
In Eterno, cantanti, urlanti.