"Anatomia di una umana commedia", Marcello Costantini si confessa

"Anatomia di una umana commedia" è il titolo dell'ultimo romanzo di Marcello Costantini, cardiologo, ricercatore, divulgatore scientifico, indimenticato primario di cardiologia nell'Ospedale di Galatina. 
Che tipo di libro è?
Secondo un modo comune di classificare i romanzi, questo dovrebbe essere un romanzo di formazione, ossia uno scritto incentrato sulla parabola umana di un protagonista, dall’infanzia verso la sua maturazione e la senilità, Si sviluppa quindi in un arco di tempo piuttosto vasto. In realtà , se rifletto bene, forse è qualcosa in più, abbraccia varie partiture, vari stili, c’è un po’ di avventura, di mistero, di grottesco, di giallo, di noir, …di impressionista mi verrebbe da dire …ecco la parola impressionista mi piacerebbe per definire questo libro…e questo si ricollega anche alla copertina…il famoso quadro con la colazione sull’erba di Eduard Manet, forse il padre dell’impressionismo.
Più volte ho immaginato questo libro come costituito da tanti pezzi che sono in fondo l’ossatura di una vita, pezzi tenuti assieme da una linea che li dispone in modo circolare a formare un cerchio. In questo modo non c’è nulla di frammentario nel divenire del racconto, è tutto omogeneo e concatenato, come fosse un cerchio e dovrebbe esserci (spero) una certa armonia.
Perché anatomia di una umana commedia? Qual è il senso di questo titolo?
Ho scelto il titolo del libro in estremis; per tanto tempo ne ho avuto in mente un altro. Alla fine questo titolo mi è sembrato cogliesse più nel segno perché richiama molto il senso del libro. E’ ovvio che l’espressione “Umana Commedia” sia in antitesi con “Divina Commedia”, Dante Alighieri mi perdonerà per questo.
Ma qui la commedia è molto umana. E’ la nostra commedia ed è proposta in perfetta simmetria rispetto a quella divina, nel senso che viene prima il paradiso della giovinezza, poi il purgatorio dell’età matura e infine l’inferno della senilità. Mi è sembrato poi giusto anteporre il termine “anatomia” a quello di “umana commedia” per tanti motivi: l’anatomia è la descrizione dettagliata di ciò che c’è a costo di vedere dentro, di scoprire la verità, conoscere la struttura delle cose per capirne il funzionamento.
Poi c’è un altro motivo: nel libro si parla molto di medicina: la parola anatomia messa nel titolo lo qualifica anche da questo punto di vista, come libro dove c’è un qualcosa di legato alla medicina.
Prima del testo, una frase di Leonardo da Vinci “non ti immischiare in cose appartenenti agli occhi facendole passare per gli orecchi”. Come mai questo occhiello?
E’ una frase si può dire inedita del grande Leonardo, io l’ho letta tanti anni fa scritta di suo pugno come didascalia di un suo disegno del cuore (Leonardo era un grande studioso dell’anatomia del cuore). Credo voglia dire che la chiave della conoscenza, della verità è sempre l’evidenza, la dimostrazione.
Non si può contrabbandare “il sentito dire” , l’”opinione” , come conoscenza, come verità. Bisogna invece vedere e dimostrare.
Ecco perché la conoscenza, il progresso, la verità, sono cose che appartengono più agli occhi che alle orecchie!
Quanto c’è di autobiografico nel libro?
Molto, naturalmente, ma la partitura, lo stile, sono differenti a seconda del periodo della vita di cui si parla: nella prima parte, quella relativa alla giovinezza del protagonista, parlano le cose, gli episodi, i fatti, i sentimenti istintivi. Qui il puro frutto del ricordo misto all’immaginazione guida la penna.
Nell’età matura l’immaginazione e il ricordo si intrecciano alle riflessioni tipiche di un’età più sofferta, con un flusso di pensiero che analizza i fatti e talora si perde in astrazioni metaletterarie che toccano i vari temi della vita. Penso che per chi si avventura nella scrittura di un romanzo di questo genere, la propria vita è come una miniera, di oro o di carbone, dalla quale estrarre le parole.Scrivere è certamente alla portata di tutti, ma è comunque una sfida non facile. Devi avere in mente un’idea.
Hai in mano una tavolozza con tanti colori: li devi utilizzare, devi metterli sulla tela. L’istinto ti guida, devi ricordare, immaginare, riflettere, dire la tua. E tutto ciò deve collimare con la tua idea. Devi offrire al lettore uno strumento ottico quasi magico nel quale egli si deve stupire di vedere se stesso, credo fosse Proust che parlava della scrittura in questi termini . Devi dare alla tua creatura un soffio vitale, devi farle battere un cuore dentro. Se tutto ciò va in porto, hai vinto la sfida, il libro è fatto, ma non ti appartiene più, è del lettore.
Nel libro traspare l'amore per il libro.
Nell’era del web e dei social, in cui la comunicazione tra individui viaggia alla velocità della luce, ed è fatta talora da messaggi a monosillabi, ci si può domandare se il libro abbia ancora un senso, se abbia un ruolo nella formazione dell’individuo, se abbia un senso narrare attraverso un libro. Naturalmente la mia risposta è si, assolutamente si. La narrazione letteraria è uno strumento pregiato e privilegiato di comunicazione e la lettura è uno strumento indispensabile di formazione. L’esperienza emozionale e formativa che può dare la lettura di un libro per capire la realtà, per viaggiare nelle cose, per scoprire se stessi, non è paragonabile a null’altro.
Quando si legge un libro, si sta entrando nel libro, lo si sta utilizzando attivamente per scoprire nuove cose. In questo romanzo il libro si impone presto come un protagonista assoluto. Nella vita del protagonista c'è tutta una giaculatoria di libri, libri e libri che accompagnano la sua vita fino ad ossessionarlo. Non può dormire senza libri, a cominciare dai libriccini della chiesa, dai messali roboanti che ammira nelle sagrestie quando era chierichetto, continuando poi con i libri di scuola, con i libri frutto delle sue elucubrazioni dantesche. A un certo punto compare un personaggio un po’ misterioso che è il guru di una setta di bibliofili e che in un suo discorso delinea una vera e propria apologia del libro. Attraverso di lui scopriamo la bibliofilia a livello maniacale, la bibliomania quasi patologica, tipica di colui che ha la mania di possedere il libro raro, antico, il pezzo unico e prezioso, non per leggerlo, ma per vantarsene.
Una componente essenziale del libro è la descrizione del Paesaggio
Il paesaggio è il mare dove nuotano le bellezze, la storia, la natura, le bruttezze, le emozioni, tradurre il paesaggio in pagine scritte è un’esperienza sensoriale notevole e appassionante, qualcosa che avvicina la scrittura alla pittura, soprattutto a quella impressionista, che pure domina nel libro. Purtroppo , come ho avuto modo di scrivere recentemente su un giornale, leggendo ciò che emerge dal libro e guardando il paesaggio salentino attuale, provo un senso di pentimento, quasi di vergogna, per non avere descritto ciò che davvero appare adesso agli occhi: una desolazione, una bellezza violentata da un nemico che troppo a lungo è stato ignorato colpevolmente. C’è un libretto su Dante che anima il romanzo
Il protagonista si ritrova suo malgrado a impadronirsi quasi per caso di un libro apocrifo e misterioso che parla di Dante, ne parla in modo dissacratorio, piccandosi di ricostruirne una biografia improbabile, ricca di eros, di sensi di colpa, di espiazioni, di viaggi.
Che rapporto c’è fra la memoria e il Suo libro?
Il termine memoria richiama la capacità da parte del cervello di assimilare le esperienze, le conoscenze e di riproporle quasi a comando. Non è una prerogativa esclusiva del cervello, anche il cuore ha memoria. Ma la memoria è soprattutto la conoscenza del passato che ci offre la chiave per affrontare il presente, è un tesoro di conoscenza e la scrittura non ne può fare a meno.
Il libro è il racconto della propria vita da parte del protagonista allo scrittore : dunque la memoria è l oceano nel quale naviga il racconto, spinto dagli alisei.
Nel libro c'è nostalgia per il mondo passato?
E' una domanda difficile. Non saprei ben definire la nostalgia. E' forse un sentimento amaro e dolce allo stesso tempo, che ci fa rimpiangere il passato, ma è anche fonte di gioia perché ci mette da spettatori davanti ad un palcoscenico sul quale recitiamo da protagonisti ed è una recita bella che ci fa didattica su come affrontare il presente. Nel libro non vedrei nostalgia malinconica ma nostalgia gioiosa.
Perché è importante il passato per il futuro?
Qualcuno diceva che il futuro ha un cuore antico, se non ricordo male Carlo Levi. Borges diceva invece che ciò che veramente esiste è solo il passato, perché il presente quando avviene è già passato, mentre del futuro non c’è alcuna traccia.
Se si vuole conoscere se stessi bisogna andare indietro nel tempo. Ogni goccia della nostra vita è importante anche quella più remota E’ importante anche quello che viene prima di noi, la storia, gli accadimenti che si sono succeduti. Noi siamo frutto di ciò che viene prima di noi, dei milioni o centinaia di migliaia di anni che ci precedono, da che è comparsa la vita dell’uomo sulla terra.
 Nel libro emerge in vari punti il concetto di follia, ce ne vorresti parlare?
Sì, ci provo, sperando di essere all’altezza, ma non ne sono sicuro. Bisogna stare attenti, quello di follia è un concetto proteiforme, evanescente, relativo, ci sono tanti significati.
Se per follia intendiamo il disagio, la sofferenza psichiatrica, lì siamo in presenza di vere patologie che hanno assolutamente bisogno di aiuto, di un percorso diagnostico-terapeutico da parte di sanitari competenti, con tanto di cause, di meccanismi, di quadro clinico, di prognosi, di terapia.
Se per follia intendiamo il male, il male in generale che può compiere un individuo, non dobbiamo mai credere che nel mondo ci siano i buoni da una parte che fanno il bene e i cattivi, o folli che dir si voglia, dall’ altra che fanno il male: bene e male sono intrecciati in ognuno di noi ed è compito di ognuno di noi capire la linea di confine che li separa e stare sempre dalla parte del bene. Questo è un concetto importante contenuto nel libro , espresso esplicitamente dalla coprotagonista Cecilia quando dice che bene e male sono anime gemelle contenute nel nostro DNA e il bene non si sceglie a caso, c’è bisogno di attrezzarsi per affrontare la vita, le sue frustrazioni, c’è bisogno di formazione culturale e morale, di educazione al rispetto dell’essere umano, uomo o donna che sia.
C'è poi la follia come comportamento diverso, anomalo rispetto a quello ritenuto normale. Qui dobbiamo dire che la relatività raggiunge il massimo, perché il concetto della follia come devianza rispetto ai comportamenti dominanti dipende dalla cultura, dalla società. Ciò che è folle per una realtà non lo è per un’ altra. E la follia come devianza, come diversità, è un concetto pericoloso, a volte strumentalizzato dal potere di turno, inteso come autorità dominante anche in ambiti più ristretti, come quello municipale o familiare per opprimere e segregare individui sgraditi non omologati al potere, al modo di pensare dominante.
E che dire della follia collettiva? E’ la più pericolosa. Le persecuzioni, le guerre, i genocidi che in modo reiterato si susseguono fino ad oggi nel torrente della storia, sono frutto di una follia collettiva, conseguenza del fatto che la scelta del male si diffonde a macchia d’olio tra una moltitudine a volte sterminata di individui, in nome di fanatismi e di un delirio mostruoso di diverso genere.
C’è un passo del libro dove si dice che quando tutto si muove in modo uniforme nulla sembra muoversi, come su una nave o su un treno che corre spedito. Così quando una moltitudine corre verso l insensatezza, tutto sembra vada bene, nessuno si accorge del pericolo. Ci vuole qualcuno che scenda, che si fermi, che percepisca l'assurdità e ne faccia partecipi gli altri.
A margine va detto che c’è anche un concetto molto sfumato di follia come indice di genialità o quanto meno di creatività. Da questo punto di vista, nel libro il personaggio un po’ folle è Cecilia, una donna fuori dai canoni e molto intelligente, che ha un problema di salute di tipo neurologico, non psichiatrico.
Nel libro più volte i protagonisti subiscono delle sconfitte. Come si può in un’epoca contrassegnata dalla corsa al successo, dall’ambizione talora sfrenata, dal mantra dell’arrivare primo , metabolizzare la sconfitta?
Grazie! E' un tema cruciale. Viviamo in una società malata, dove ti impongono la cultura del successo, dell’arrivare primo a tutti i costi, una società dove se sbagli sei fuori. Bisogna finirla, bisogna riflettere, bisogna arrivare a capire che non si può sempre vincere, che la sconfitta fa parte della vita, è un suo momento, che dopo la sconfitta c’è una vittoria. Capire dalla natura che dopo un giorno di pioggia uscirà il sole, che non si può sempre vivere in gara sfrenata con gli altri, col successo . Si può perdere e continuare a vivere senza che il valore dell’individuo e la sua dignità ne siano intaccati. Ecco perché bisognerebbe educare sin dall’infanzia al valore della sconfitta, prima che al valore della vittoria. Questo è un obiettivo fondamentale della società, che deve guarire dall’arrivismo e dal successo come unici valori fondanti, valori che non fanno altro che incancrenirla e strozzare l’individuo. Guardare in se stessi, darsi un’altra chance, non riporre mai troppe aspettative nell’amore, nell’amicizia, nel lavoro, essere educati a superare le delusioni sin da piccoli sono tutte cose che si giocano sul piano culturale e psicologico, che devono costituire l’ossatura dell’educazione culturale e sociale di una persona. Ma l’educazione non spetta solo alla scuola o alla famiglia. Tutta la società nel suo insieme deve collaborare, perché è la società che si contamina a vicenda.
I neuroni-specchio che abbondano nel nostro cervello copiano ciò che viene dall’ambiente e plasmano il nostro modo di essere, di parlare, di pensare.
Nel libro affiora l’humor in vari capitoli
L’umorismo è il sale della vita, è un rifugio sicuro nel quale poter trovare riparo dalle intemperie della vita, compresa la cattiveria, l’ignoranza e la prepotenza. E’ un territorio sconfinato nel quale si riesce a sdrammatizzare ogni cosa, provando piacere e dando luogo a piacere anche agli altri.
La prima parte del libro, quella relativa all’infanzia e alla giovinezza del protagonista, è tutta piena di umorismo, di episodi grotteschi. Man mano che il tempo passa, lo spazio per il riso si assottiglia, affiorano i problemi, la fatica di vivere ma l’umorismo ogni tanto fa capolino da qualche parte.
In una recente recensione si sottolineava un certo aspetto poetico di "Anatomia di una umana commedia"
La poesia è una cosa misteriosa, oscura, che paradossalmente rischiara la vita, dandole bellezza, è l’anima di ognuno, di quell’ognuno che è solo col cuore sulla terra "trafitto da un raggio di sole". Nel libro, come è stato sottolineato, c’è qualcuno che ad un certo punto dice ad un altro: guardati dall’arida gente che non sa cosa sia la poesia.