Un pugno nello stomaco

Siamo alla vigilia della Pasqua. Un momento che dovrebbe ispirare riflessione, spiritualità, pace. Sarebbe bello parlare del significato profondo di questo giorno, dei riti che intrecciano il nostro presente con le radici del passato. E invece, un episodio squallido, inspiegabile e violento ci colpisce come un pugno nello stomaco, richiamandoci bruscamente al nostro dovere. Sì, al nostro dovere. Perché se a compiere atti brutali non sono delinquenti incalliti, ma ragazzi — giovanissimi — allora è una responsabilità collettiva. Non possiamo voltarci dall’altra parte quando questi stessi ragazzi infangano la loro città, Galatina, proprio nel momento in cui la politica crede di poter farla diventare capitale della cultura.

Quante Galatina esistono? C’è quella del centro storico affascinante, ricco di storia e bellezza. C’è quella che, pur tra mille difficoltà economiche, tenta di rialzarsi. C’è la Galatina degli istituti scolastici di qualità, frequentati da tanti studenti impegnati. E poi c’è questa: una Galatina che sembra periferia abbandonata, teatro di una violenza insensata. Ragazzi vestiti alla moda, con lo smartphone sempre in mano, si vantano di far parte di una fantomatica “Banda del Bosco” — ma quale bosco? — e si esibiscono davanti alle telecamere mentre aggrediscono un coetaneo con una ferocia disumana.Che sia disabile o no, poco importa! La voce della ragazza che incita durante il pestaggio è qualcosa che non si riesce nemmeno ad ascoltare senza provare un brivido. Che fine ha fatto la città dei bambini e delle bambine? Dove sono finite la scuola, la famiglia, le parrocchie? Questi ragazzi, presumibilmente galatinesi, sono “nostri”. E dunque è affar nostro. Di tutti noi. Spetta a noi affrontare questa emergenza educativa e sociale. Già tempo fa, in seno alla quarta Commissione consiliare permanente , avevamo affrontato il tema. Il Comandante Luigi Tundo ci aveva parlato di maggiori controlli nel centro storico. Ma evidentemente non è bastato. O forse, paradossalmente, ha alimentato l’adrenalina di chi vive la realtà come un videogioco. In questi giorni, mentre siamo ancora scossi per i recenti femminicidi commessi da ragazzi poco più che adolescenti, questo nuovo focolaio di violenza ci esplode in casa. Come educatrice, come componente dell’amministrazione comunale, sento il dovere di chiedere una convocazione urgente della Commissione Cultura. Dobbiamo comprendere le cause profonde di questa deriva e affrontarle. Non basta reprimere: serve capire, prevenire. Serve creare una rete vera tra scuole, famiglie, parrocchie, associazioni. Servono esperti capaci di interpretare il disagio giovanile e di dare voce a questo malessere che sfocia nella brutalità. La politica tutta — maggioranza e opposizione — deve farsi sentire. Forte. Dobbiamo condannare senza tentennamenti ogni forma di violenza e costruire alternative sane e valide per chi oggi si sente perso e portare la nostra voce in ogni lembo di questa città. Perché questa non è solo una strana vigilia di Pasqua. È un bivio. E non possiamo permetterci di sbagliare strada.