L’ultima festa dei SS Pietro e Paolo è stata una grandissima manifestazione di popolo, come non si vedeva da decenni, sia dal punto di vista religioso che civile. Ma perché quest’anno? Cosa è cambiato?
È cambiato lo spirito con cui si è organizzata e c’è stato il tocco “un po’ magico e un po’ da maestro” di due mani: quella del parroco, Don Lucio, per quanto riguarda le celebrazioni religiose e quella del gruppo dei volontari (che si badi bene non erano un comitato vero e proprio ) per la promozione e l’organizzazione generale della festa.
Sta di fatto che, quest’anno, una serie di fattori, alcuni apparentemente banali, ma fondamentali, hanno fatto la differenza: le luminarie ad arco alle porte storiche del centro antico intelligentemente accese già diversi giorni prima l’inizio della festa; l’intuizione, da grande, vera professionista di marketing territoriale, di Barbara Perrone (e dello stesso parroco) nel lanciare dal web al Mondo, i due nostri Santi Patroni, definendoli “Santi Influencer” (geniale); l’apposizione in alto, all’ingresso di Piazza San Pietro, dell’immagine, in un tondo, di Paolo e Pietro che si baciano fraternamente, nella profonda fede che li pervade e li accomuna; le scritte luminose riportanti le strofe delle canzoni della pizzica messe in sequenza lungo le stradine del centro storico, fin quasi alla Basilica di Santa Caterina; quindi, l’allargamento e la diversa, azzeccatissima, disposizione del mercato delle bancarelle che ha rivisto la “via della stazione” tornare ad essere protagonista della festa, facendo palpitare il cuore, nei ricordi della giovinezza, ai tanti galatinesi nostalgici di quei momenti felici, nell’interminabile vai e vieni che facevano lungo quella strada; i concerti di eccezionale qualità e numero di Pizzica (Castrignano’, Nui nisciunu, Accasaccio, Jonica Popolare..) quello di livello internazionale (con, per tutti noi, il ricordo di Raffaello Murrone) di Britti (chitarra che non ha nulla da invidiare ai grandi anglosassoni del Rock Mondiale); la processione e le celebrazioni liturgiche articolate, toccanti, spiritualmente coinvolgenti e frequentate dalla gente, come mai negli ultimi anni; infine, la generosità dei cittadini.
I volontari, per settimane e settimane, sono andati presso le aziende, alle imprese commerciali, piccole e grandi, a singoli cittadini a chiedere un contributo e, alla fine, hanno raccolto decine di migliaia di euro. Un lavoro massacrante e ingrato fatto esclusivamente per fede, spirito di abnegazione e mantenimento di un impegno preso, di una promessa. Non avevano simboli, loghi o vessilli di appartenenza da portare in evidenza; posti in direttivi, da cerimoniere o vicepresidenze per loro, neanche la soddisfazione di veder il proprio nome su un giornale o un sito web, nulla (io ancora non so chi siano tutti); nessuna intervista in tv, nessuna vanitosa visibilità, riconoscimento e onorificenza nei palazzi che contano, per un presidente che non hanno; perché sono semplicemente un gruppo di persone ritrovatesi attorno ad un prete ed accomunate dalla fede per due santi e l’amore per Galatina. Niente prosopopee, precisazioni e distinguo per essere riconosciuti i più bravi e con il miglior palmares, ma solo sudore, stanchezza, amarezze, notti insonni, preoccupazioni e stress a non finire. E i cittadini tutti la festa se la sono goduta. E con i Galatinesi, tanti “forestieri” venuti da ogni parte, grazie proprio a quella vincente e intelligente opera di promozione e a quelle piccole, grandi idee che si dicevano prima; perché la Taranta e la Pizzica, per la prima volta, sono state al centro della festa, divenendone finalmente l’anima. Si, sono 10 anni che eventi e manifestazioni dedicate al Tarantismo si realizzano durante i giorni della festa, ma sempre in forma collaterale e certamente arricchente dal punto di vista culturale, ma mai con lo straordinario successo popolare di questa volta e la forza attrattiva universale che si è vista. Quest’anno, per la prima volta, veramente “la Gioconda” (la nostra) è tornata in patria, e non ci sono meriti maggiori o minori, di questi o di quelli, c’e’ stato un concorso di “venti favorevoli” che, spirando nella giusta direzione, hanno creato “l’aria propizia”. Ora, spieghiamo le vele e portiamo la barca quanto più lontano possibile, perché è una barca meravigliosa; come quella di Simon Pietro, che non ha bisogno di ammiragli e timoni in ottone, ma solo delle braccia, della mente e del cuore di umili pescatori.
Antonio Antonaci