A scendere nei dettagli si rischierebbe l'ubriacatura che una sola "bottiglia" di termini strettamente medici renderebbe certa. Eppure a sentire parlare Marcello Costantini, primario di Cardiologia presso l'ospedale "Santa Caterina Novella" di Galatina, anche i più profani in materia potrebbero forse guardare con occhi più consapevoli un elettrocardiogramma. E scoprire che il mondo del cuore ha davvero mille sfaccettature che bisogna saper cogliere, per non ricucire il muscolo propulsore del nostro organismo con ago e fili sbagliati.
Un dolore al petto fa pensare immediatamente all'infarto. E' dell'animo umano la tendenza a essere catastrofici. La storia, la tv, la realtà non ci dipingono quadri diversi. Ma quando non si tratta di infarto, curare il problema come se lo fosse, rischia di essere più pericoloso di una necrosi cardiaca.
Recentemente è stata descritta da Costantini e colleghi una forma peculiare di presuntiva miocardite che colpisce soggetti di sesso maschile tra i 16 e i 40 anni. "Questi ragazzi, spesso reduci da una sindrome simil-influenzale, giungono in osservazione con dolore toracico acuto - spiega Costantini - e il loro Ecg simula l'infarto. Il giorno dopo, nonostante stiano meglio, il loro Ecg non è cambiato quasi in niente. Solo dopo parecchi giorni il loro esame elettrocardiografico si normalizza, mettendo in evidenza l'assenza di cellule morte. Fatta dunque una coronarografia si scoprono coronarie normali".
La cosa in comune tra i 24 casi riscontrati dal team di Costantini nell'arco di 15 anni è data dalla presenza di febbre e a volte diarrea nei giorni precedenti il dolore al petto. "Prima un caso, poi un altro, poi un altro ancora - continua il primario - C'era dunque un filo logico. Si trattava di miocardite provocata probabilmente da un enterovirus (per altro isolato dalle feci e dalla saliva). In tutti i casi la prognosi è stata buona. Sono guariti tutti e stanno bene anche a distanza di anni. Certo è che si tratta di un problema che può recidivare".
Il nome "Sindrome di Galatina" è stato assegnato per la notevole incidenza di casi registrati presso il nosocomio galatinese rispetto a quella poco significativa riscontrata in altre parti d'Italia.
"Quanta riluttanza iniziale davanti a queste considerazioni! - sottolinea Costantini - Questo perché, secondo i canoni delle linee guida mediche, per diagnosticare una miocardite è necessaria una biopsia. Ma in medicina si può dimostrare qualcosa anche in maniera deduttiva, non necessariamente facendo rischiare la vita del paziente, come in casi di questo genere in cui una biopsia miocardica metterebbe i ragazzi nel pericolo di farsi bucare il cuore".
Ultimamente si sta comunque facendo avanti anche la possibilità di riconoscere la "Sindrome di Galatina" attraverso la risonanza magnetica nucleare che Costantini sta in tutti i modi cercando di fare acquistare al "Santa Caterina Novella", non senza difficoltà legate agli alti costi delle attrezzature. Sarebbe la prima e unica in Puglia.
E' importante riuscire a diagnosticare la miocardite perché curarla come un infarto significa usare, per esempio, una terapia trombolitica che, utile per l'infarto, potrebbe invece provocare un'emorragia cerebrale nel caso della miocardite.
Si tratta di una sindrome che cammina di pari passo con l'influenza e che, soprattutto nei periodi autunnali e primaverili, non va scartata come "impossibile".
Ma le fattezze dell'infarto vengono assunte anche da un'altra malattia, la "Tako Tsubo". Questa volta le "cavie" preferite da tale "cardiomiopatia da stress" (conosciuta anche come "sindrome del cuore infranto") sono le donne di età superiore ai 45 anni.
"Una malattia che c'è sempre stata - spiega Costantini - ma, ciechi come talpe, non la vedevamo. E chissà quante persone l'hanno avuta e si sono beccate diagnosi improprie di ogni genere".
Il nome è legato al Giappone. Lì la sindrome è stata descritta per la prima volta nel 1991. La deformazione che accompagna questo "stordimento" cardiaco fa assumere al ventricolo sinistro la forma di una specie di giara, un cestello (tsubo) usato dai pescatori giapponesi per la pesca del polpo (tako).
Questa malattia esplode dopo uno stress emotivo intenso, quasi sempre in occasioni di tipo spiacevole, che sfocia in un malore grave, improvviso. L'Ecg di queste donne è alterato, come gli esami di laboratorio. L'ecocardiogramma mostra la punta del cuore ferma, dilatata, quasi sfiancata. Alla coronarografia invece le coronarie risultano sanissime. Poco dopo il dolore scompare.
Con il passare delle settimane e dei mesi la situazione si normalizza del tutto. E' come se quella parte del cuore si fosse temporaneamente stordita, annichilita da qualcosa che non uccide le cellule, ma le paralizza in modo transitorio.
"I casi che ho potuto analizzare sono tanti e dalle cause più disparate - racconta Costantini - Ricordo per esempio la prima donna che si è presentata da me. Era un'insegnante di lettere, poco più che cinquantenne. Ha cominciato ad accusare dolore al petto durante un incontro scuola-famiglia, mezz'ora dopo aver parlato con i genitori, in corso di separazione legale, di una ragazzina che aveva un rendimento scolastico mediocre. Durante il colloquio la professoressa percepiva la difficile situazione familiare e la introiettava con angoscia, consapevole di come essa si riversasse negativamente sulla bambina, giustificandone la cattiva produttività. Un'ora dopo era nella mia Unità Coronarica".
Una lite con i vicini, il funerale di un'amica, l'incendio dell'auto del figlio: l'input può venire davvero da qualunque momento o fatto della nostra vita che ci turba. Una malattia misteriosa nel meccanismo, variegata nelle circostanze psico-sociali che la scatenano, reversibile e a rischio di recidive.
"Ma è l'appannaggio esclusivo del sesso femminile che la rende unica - conclude il primario - testimonianza nosologica vivente che il cuore delle donne, e forse anche ciò che lo racchiude, ha caratteristiche biologiche peculiari, delle quali non abbiamo ancora piena conoscenza".