Il tempo di Enzo

Così lo ricordano Nico Mauro, Massimo Graziuso, Mario Capanna e Gigi Mangia

"Appartiene alla comunità il saluto, l’ultimo, che ognuno ha voluto rendere a Enzo Del Coco. Il silenzio ha unito il valore umano e il senso politico della sua esistenza. Come poche volte, come per pochi. Come meritava.
Il tempo di Enzo è sulle spalle di chi ha percorso la navata della Basilica di Santa Caterina per incontrarlo. Era così innaturale quel saluto fugace, senza potersi intrattenere con lui per un tempo indefinito. Il suo tempo.
Ancora per giorni sfileremo davanti al suo silenzio, e saremo noi a dire, di noi, della Città, dei minimi e inascoltati problemi in cerca di una soluzione, di un presidio di attenzione. Ancora per giorni porteremo con noi il suo tempo, lo porteremo sulle spalle, come un atto dovuto, meglio se come il suo insegnamento.
Il tempo di Enzo è fuori di lui. Sembrava non appartenergli perché te lo regalava, come si fa con gli affetti più cari. Lo faceva in maniera spassionata, narrando, argomentando con un dire tutto suo, nutrito di luoghi e fatti, battute ironiche e repentini cambi di tono che avevano l’effetto di farti rimanere attaccato ai suoi occhi, alla sua voce che oggi risuona nella testa.
Incontrarlo all’ora di pranzo o di cena significava saltare il pranzo o la cena. Le parole diventavano il luogo delle nostre famiglie. Ti dava il tempo di parlare, ti ascoltava e poi il suo tempo era sempre il doppio, il triplo del tuo. Un tempo indefinito.
“Resisteva” ai suoi sentimenti, per educazione ma anche per vezzo. Aveva un grande pudore, che dissimulava con ironia e un sorriso dolce. Quando l’argomento prendeva pieghe troppo intime o personali, alleggeriva con un: “sta mi se bagna l’occhio”. Si finiva con il ridere insieme.
Ognuno comprendendo le ragioni intime dell’altro. L’umanità e l’empatia davano senso al non detto. Ha fatto sue una lunga serie di iniziative sociali, è stato, nel suo darsi come persona, esempio di Politica militante, e non sempre, necessariamente, di una parte.
Il tempo di Enzo, nella sua dimensione politica e sociale, deve essere narrato da chi, con lui, ha condiviso gli esordi, le battaglie ostinate per i diritti negati, per la difesa della dignità delle persone più deboli, più sfortunate. Non altri, non io, possono raccontare. Ma solo perché questo amplia lo spazio, il recinto umano, politico e culturale entro cui ha avuto la capacità di muoversi. Da operaio, fieramente metalmeccanico, con origini da piastrellista – come amava dire.
Chi ha condiviso con lui i momenti topici della sua vita costituisce “il tempo di Enzo” al pari di chi conserva solo la memoria delle sue azioni. Con me, con altri amici insieme a me, ha condiviso un tratto recente del percorso politico, dando voce a una rete di liste civiche figlie delle diverse e straordinarie sensibilità di cui è capace questa nostra Città. Ma iniziativa simile lo aveva già visto come antesignano con “Galatina Altra”. Ed è stata una esperienza unica di confronto, una scuola di ascolto, prima che di parola.
Il tempo di Enzo è nella straordinaria attenzione verso le sue figlie, private troppo presto della loro mamma, e alle quali non ha fatto mai mancare nulla, trasferendo loro un grande senso del dovere e una grande dignità. Il tempo di Enzo è nella sua discrezione e nel lento abbandonarsi alla vita che gli ha riservato inaspettate gioie, più vive e vere proprio perché apprezzate e condivise dalle sue figlie. Il suo tempo è anche l’ombra dolce che gli è stata accanto negli ultimi anni. E se oggi, una dei suoi gioielli afferma: “da grande voglio essere come il mio papà”, significa che il tempo di Enzo è stato denso e ricco anche dentro di sé, anche nel luogo del suo privato, nella dimensione sacra del suo essere padre.
Se ne è andato nel giorno della luce che sorge. Ha colto del messaggio cristiano lo sguardo verso gli ultimi e i bisognosi, l’azione fattiva di chi sa spezzare il pane e condividerlo. Ha salutato con il pugno chiuso la Pasqua, fuori dagli schemi, oltre gli schemi e le convezioni morali e politiche.
Ha smesso di parlare e ha lasciato a noi l’onere di capire le ragioni del nostro impegno sociale, politico e culturale.
“La storia siamo noi” ha raccontato De Gregori accanto al suo feretro, nella piazza gremita e commossa. Perché tutti ascoltassero e comprendessero che il tempo di Enzo resta inciso nelle nostre parole, nelle nostre azioni, nella nostra vita. (Nico Mauro)
Caro Enzo...
Un breve tratto percorso insieme
sulla strada della vita, nei più begli anni.
Una strada come quella delle nostre campagne,
col sole che batte sul tufo e ti acceca.
Ora, in fondo, la luce si affievolisce e intravedo il tramonto...
Poi, guardo il cielo e una nuova stella che brilla e mi riscalda il cuore... (Massimo Graziuso)
"Se ne è andato un giusto. Moltissimi volevano bene ad Enzo. La notizia della sua scomparsa mi ha particolarmente colpito e addolorato". (Mario Capanna)
(...) "La morte porta paura e genera dolore, lascia un vuoto in cui anche le parole non hanno più la forza per raccontare, perchè la morte è buio e solitudine, la fragilità estrema dell'uomo. Enzo è morto nell'ospedale della città, proprio in quell'ospedale in cui aveva lottato con il suo massimo impegno politico da assessore ai servizi sociali e consigliere comunale.
Per non morire, per difendere il diritto alla salute, Enzo da quando era giovane ha lottato con tutte le sue forze per salvare dalla morte dell'Aids i giovani, la pandemia degli anni 80, che vide nella nostra città morire giovani ragazzi.
Il suo primo impegno fu quello nell'ospedale Santa Caterina Novella e con la collaborazione del professore Piero Grima lottó per realizzare il padiglione infettivi. L'emarginazione dei giovani, la loro difficoltà di trovare il lavoro, di studiare, di avere un futuro e di non essere costretti a lasciare le loro case e la loro terra furono gli impegni che non lo fecero dormire.
Enzo era un compagno di lotta, era sincero e lo faceva con volontà vera. Ora la morte ha portato dolore e ha spento la sua voce, ha tolto la parola ma le parole e il suo impegno non possono essere cancellati dalla malattia.
Prima che intervenga il silenzio, ci piace ricordare Enzo così: per vincere il cancro e per continuare la lotta per non morire del male più odioso e più ingiusto del nostro tempo che colpisce l'uomo e gli nega la vita". (Gigi Mangia)