Dalla legge eterna al diritto naturale e politico

Dalla legge eterna al diritto naturale e politico

Cicerone  definì  l’ uomo: “ un animale socio-politico”, essendo per natura, capace di instaurare e gestire, rapporti di cooperazione complementare con i suoi simili nella società. L’ uomo nell’ interazione sociale si pone dei principi come regola, sviluppando così una polis formata da famiglie, costituenti  di una società civile: lo Stato;  cosicché il cittadino,  si può confrontare  e realizzare, attraverso le norme vigenti. L’azione dell’ uomo di porsi delle leggi, come regole da osservare, non dipende tanto della sua volontà, ma dalla sua ragione, perché  la ragione ha il compito di ordinare  e disporre i mezzi al fine.

Poniamo a confronto due modelli di  legge, quella naturale dell’ uomo e quella eterna. La legge eterna è prima della legge dell’ uomo, è impressa nelle cose secondo la loro natura ed è partecipata  all’ uomo in stretto rapporto con la sua di natura. Perciò l’ uomo, conosce la legge naturale  attraverso la ragione, che lo conforma alla conoscenza  della stessa, e nelle sue disposizioni di legge  estrapola  razionalmente i principi comuni, per applicarli  sottoforma di disposizioni particolari.

La finalità delle disposizioni è quella di rendere buoni e virtuosi gli individui sottoposti all’ osservanza delle stesse, proibendo i “vizi” e punendo le inosservanze  nell’ atto epurativo. Pertanto il compito della legge è quello di “addomesticare” l’uomo dalla sua natura istintiva,  predisponendolo al bene con il lume della ragione.

Allo stato odierno, l’ uomo, da  “essere privato” (dalla Giustizia Originale), non può conoscere la legge divina, perché la legge divina è nota solo a Dio e alle creature del Cielo (perché la nostra dimensione è stata corrotta dal peccato), ma può conoscere i suoi effetti, e da questi risalire con perfettibilità ad essa. La derivazione  avviene  attraverso l’ intelletto, perché l’ intelletto quando giudica che la cosa in sé stessa è conforme alla sua apprensione, comincia a conoscere e a dire il vero. La legge umana non deve fare altro che far coincidere individualmente  la condotta dell’ uomo con i fini che Dio ha inserito nella natura umana. Analogamente, la politica,  nella società deve far coincidere  l’ espressione di governo,  con i  principi che l’ uomo ha estrapolato dalla legge naturale  per amministrare la società.

Non confondiamo:  la legge naturale con l’istinto, la parte bassa dell’ essenza dell’uomo, (privilegia le passioni sensitive), con le passioni intellettive di libertà, volontà in cui è riflessa la legge divina. Quindi l’ uomo possiede gli strumenti per  identificare le verità, e conformarsi  sia alla natura che lo circonda che alla sua di natura. Questi strumenti consistono nella ragione e nell’intelletto. La  ragione è l’ intelletto per conoscere la natura,  l’ intelletto è la ragione per conoscere sé stessi, conformando l’ universale al particolare e viceversa. Entrambi indagano e conformano la conoscenza  dell’ ego e della natura sensitiva, disponendo volontà e mezzi per il fine. Cosicché,  la natura detta ordine all’ azione nella fattibilità della stessa (volontà), con  un fine mosso dall’ appetito intellettivo, che con il supporto dell’ intelligenza, ordinando una cosa ad un’ altra, predispone i mezzi al conseguimento del suddetto fine.

Pertanto, naturale vuol dire ciò cui la propria natura “tende” oggettivamente, ossia a quel bene che è conforme alla sua inclinazione di essere, per essere ciò che è (essenza). Si evidenzia come la natura  non è  rapportata  a se stessa con casualità inefficiente e disordinata, ma con  finalità intelligente e ordinatrice proprio perché ha delle leggi che la regolano“secundum naturam”. E’ dimostrato che nulla è dato al caso o è frutto del caso, ma il tutto è l’ espressione di una legge dettata dell’ Eterno.  Pertanto la legge naturale è un qualcosa di razionale, volontario, ordinato ad un fine che può essere sia individuale che sociale, perché l’ uomo è animale razionale, ma anche socievole.

L’ animale razionale perciò, seguendo dei principi di finalità, agisce secondo virtù e ragione, perché ponendosi un fine,  media il suo essere al suo agire.

La finalità dell’ uomo pertanto è doppia  anche se il fine razionale è unico , perché se come animale razionale  nella sua naturalità tende a raggiungere la felicità, come creatura di Dio (in quanto possiede l’ essere partecipato Dio) tende a raggiungere la beatitudine.

La realizzazione dell’ uomo deve avvenire liberalmente e ragionevolmente secondo la natura a cui è ordinato del vero e del bene. Come canta Dante :“fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir  virtude e conoscenza, ossia l’ uomo realizza  se stesso, se segue le leggi in lui naturalmente impresse nell’ agire moralmente bene, ubbidendo volontariamente e liberamente, per non tradire la sua essenza  razionale e libera. La legge eterna ordina in potenza l’ essenza dell’ uomo, mentre quella naturale la ordina in atto (forma), divenendo verità  particolare e sustanziale. Perciò l’ essere deve vivere prima sotto la legge naturale e dopo sotto la legge di Dio, perché le prime prendono valore dalle seconde, stabilendo i principi da seguire nei rapporti sociali, fondamento del diritto positivo.

 Così l’ uomo dalla conoscenza di se stesso, estrae quei fondamenti che sono alla base del suo bene, e li pone nella società come bene plurimo, per l’ evolvere individuale e collettivo.

Possiamo definire la legge naturale: una “partecipazione della creatura razionale alla legge eterna”, perché l’ uomo non è conoscitore assoluto della Verità prima, ma conoscitore  in rapporto alle sue conoscenze di verità. Per questo, deviare da codesto ordine,  è come andare contro natura, in quanto conosciamo prima l’ effetto  e dopo sotto l’ indagine intellettiva,  identifichiamo la causa generativa.

Oggi purtroppo la modernità ha invalidato i risultati raggiunti in questi secoli (si veda come l’ uomo prima della Rivelazione cristiana ha saputo,con la ragione naturale, ergersi a livello di legge divina) rompendo i ponti con la metafisica classica e la tomistica, imponendo i modelli della post-modernità,  che portano  alla negazione dell’essere come creatura. Cambia così, il significato di legge naturale, con legge antinaturale, basata sull’ ego caratteriale, il neutro e non l’ io spirituale di creatura derivata dal divino, perché solo la Provvidenza divina, realizza essa stessa la nozione di legge, in quanto ordina al fine tutte le cose. La legge eterna si fonda sull’ Essenza di Dio, in quanto è Dio stesso regolatore supremo, imitabile e amabile.      

Il diritto pertanto non si fonda sul libero arbitrio dell’ uomo, ma sulla legge di natura che è partecipazione di quella eterna dove l’ uomo, lì, può esercitare il libero arbitrio con la scelta dei mezzi già ordinati.

Il vero concetto di legge o diritto naturale comporta una dipendenza ontologica, teologica e finalistica delle creature dalla Causa prima incausata. Dio è la ragione ultima dell’essere, del divenire e dell’agire; quindi è la prima ed ultima regola della moralità. Una cosa sia fisica che morale, irrazionale o ragionevole, è in osservanza con la legge eterna e risale al legislatore  e giudice supremo, Dio. Così  Dio non solo comunica l’essere alle creature, ma le ordina ad un fine e le provvede affinché lo conseguano.

Proviamo ad analizzare la partecipazione della legge eterna nelle creature, dividendole in tre ordini : irrazionali, cieche e razionali. Irrazionali , perché sono legate alle leggi fisiche-naturali (piante..) dove è la natura a porre loro il fine, cieche perché obbediscono ai loro istinti sensitivi, trovando esse stesse il fine in natura. Razionali  (l’ uomo) perché  avendo: volontà, ragione e intelletto, conoscono se stesse e la natura in cui interagiscono. Sono le creature razionali, a porsi il fine da raggiungere da esse stesse perché partecipano alla vita. Tant’è  che l’ uomo da essere, diventa “essente”, essere per partecipazione.

Dio ha impresso nella natura  razionale dell’ uomo, tramite la realizzazione del suo essere razionale, libero e socievole,  il dominio della legge morale naturale quale causa prima da seguire per ogni fine da conseguire. Pertanto la legge eterna, partecipa nell’ uomo attraverso la legge morale, perché egli stesso è essere ragionevole e la sua razionalità lo fa partecipare ad essa volontariamente e liberamente. Potremo definire la legge naturale legge Divino – naturale , in quanto sia la natura umana da cui deriva, sia la ragione che la conosce, appartengono entrambi a Dio;  perché da Lui create. Nonostante l’ impegno dell’ uomo, per estrapolare i principi fondamentali dalla legge eterna, egli possiede già istintivamente gli strumenti per conoscere il bene e il male , quello da fare o da non fare.

Oggi il diritto naturale è in contrasto con la corrente del liberalismo, in quanto lo reputa un limite delle potenzialità di libera scelta dell’ uomo. Questo nasce da una concezione falsata di “natura”, che invece di cogliere il bene, conduce  a comportamenti di apparente bene, come se a scegliere è il male minore. Appunto male minore, ma è sempre male; come l’ uomo che è malato che pur essendo ancora vivo è deficiente  in salute. Ci rendiamo subito conto che il liberalismo rende l’ uomo schiavo di se stesso. L’Uomo entra a far parte di una dimensione, dove,  un fine specifico non gli viene dato da una legge specifica, ma da un istinto di sottrazione dalle norme a cui è legato. Lo stesso principio, si applica sull’ osservanza delle leggi dello stato da parte dell’ individuo, che attraverso il loro rispetto contribuisce allo sviluppo della sua società di appartenenza. Se tale osservanza è contraddetta da principi con fini indebiti, la società non progredirà mai e sarà schiava di schemi dettati dall’ egoismo individuale o collettivo, danneggiando anche i buoni propositi degli altri.

Etienne Gilson scriveva che  “Dio non esiste perciò tutto è permesso”.

Con quest’ affermazione non si pone più nessun limite a ciò che l’ uomo può “tentare”. Se Dio pertanto non esiste più, nulla di ciò che era vero è più vero e quindi nulla di ciò che esisteva ora esiste. Pertanto viene meno anche il concetto di bene, perché  ciò che consideravo bene non è più bene, quindi dobbiamo ricreare tutto. Prima di ricreare tutto dobbiamo distruggere tutto , altrimenti ricostruiremo sul passato. Se dovessimo ricostruire il tutto,  su quali principi lo faremo se non su quelli di Dio?

Su quali regole costruire la nostra esistenza? Bisogna seguire le regole basate sulla negazione delle odierne? Quindi nessuno avrà più tutela dei diritti inalienabili, visto che la libertà sarà confinata nello star bene soggettivo!  Quindi tutto sarà dato dal caso?

Non possiamo ammettere che il tutto è dato dal caso, se non per quelle cose che sono eccezioni alle regole, rare e impreviste, risultanti di una causa priva d’ effetto nell’ ordine finalistico.

In natura il tutto cambia, poiché le cose complesse sono le più ordinate, come il firmamento, i pianeti, la terra e le creature che la abitano. Se ogni cosa fosse frutto del caso, questo potrebbe succedere raramente e le leggi universali della fisica, che spiegano come avvengono determinati fenomeni, non le riscontreremo analogamente in ogni angolo dell’ universo. Pertanto ogni cosa produce il suo effetto, perché è ordinata a produrlo, in quanto  soggetta ad una legge, dettame di un determinato ordine. Per esempio, delle ruote dentate sistemate a caso cosa potrebbero produrre? Naturalmente niente, ma se le ordiniamo secondo le  leggi della meccanica, della fisica, della matematica … come prodotto finale potranno dare un orologio, un mulino a vento, una macchina tipografica …. Pertanto se ogni quark  non avesse impressa la regola di una norma della legge, il caso non potrebbe produrre la materia, perché ogni bosone, fermione, gluone …  si comporterebbero in maniera diversa, e non uguale e omogenea come fanno in tutto l’ universo. Conseguentemente anche la logica filosofica cadrebbe in contraddizione perché i predicabili di uguali sostanze non sarebbero il predicabili della stessa sostanza, cosa illogica e irrazionale.

In natura, com’è evidente ogni cosa, ha in sé la perfezione ultima come suo fine. Infatti l’ evoluzione delle creature viventi non è data al caso, ma è il prodotto di quelle norme della legge ordinatrice,  che è impressa in ogni cosa, regolandone il moto.

Infatti, se ammettessimo l’ evoluzione  come frutto di un impulso cieco dato dal caso, si ricadrebbe di nuovo nell’ assurdo, perché si dovrà ammettere che il disordine porta l’ ordine e l’ imperfetto il perfetto. Questi sono concetti  razionalmente inammissibili.

Ogni essere ha in sé dei principi universali  immutabili, che  abbracciano cose e intelligenze regolandole , tanto che, se il mondo venisse a mancare, le verità di tali principi continuerebbero ad esistere, dunque ad essere vere. Tant’è che un triangolo per definizione ha tre lati e tre angoli, così come una causa genera un effetto, un’azione  genera una reazione …..

Risulta evidente,  che il fondamento di tali verità è da ricercarsi in un elemento che è al di fuori delle cose stesse, perché il proposito ideologico supera la concettualità  delle cose di questo mondo, le quali  sono mutabili e finite, in quanto  soggette ad un’ esistenza temporale e non eterna. Pertanto la legge eterna è stata emanata solo da un essere eterno, immobile e perfettissimo, invece  la legge naturale è il comunicato della legge eterna, in quanto manifesta  la volontà e la perfezione di Dio.

Ogni proposito ideologico esprime l’ universalità di una legge e la volontà agente del legislatore (Dio), mentre l’ esecutivo del particolare è stabilito dall’ uomo che si dà delle norme morali nel rispetto della legge universale.

Siccome ogni ignoranza o deficienza conoscitiva, come meglio definirla, viene meno sotto la guida del lume della ragione, è necessario analizzare il concetto di “sinderesi”. La sinderesi consiste nel discernimento morale della coscienza: ossia è  quella facoltà o capacità dell’ anima di conoscere il vero bene e riconoscere il bene apparente. È proprio l’ autocoscienza di sé, quella capacità innata, che porta l’ essere a conoscere il bene delle proprie e delle altrui azioni, e dirigersi proprio verso quel bene che lo favorisce nell’ autoconservazione.

Per la tomistica, la coscienza è quella parte dell’ anima, che Dio ha preservato dal peccato originale, perché l’ uomo, anche da essere privato della Giustizia Originale, abbia un eco del dono fattogli da Dio, per discernere il vero bene, essenziale al suo essere. Pertanto, la sinderesi è il preambolo del diritto-naturale, tant’ è  che l’ uomo ha tre inclinazioni essenziali: come ente vivente, ente animale ed ente razionale. Ossia ha tre tendenze  per  auto conservarsi, procreare e conoscere le verità della realtà, sviluppando la propria moralità attraverso di esse.

L’ uomo non può cogliere la perfezione assoluta della legge eterna, ma solo i principi primari universali che sovvengono da essa, mentre l’ intelligibilità dei principi secondari è resa nota all’ individuo in maniera dipendente dalla  sua soggettività e dal suo modo d’ essere.

La differenza individuale è basata proprio sull’ osservanza di tali precetti, la cui  sottrazione alla norma è dipendente solo da una causa che fa sì, che questi  non possano essere applicati (la poligamia del vecchio testamento, scusata dal crollo demografico del popolo di Dio).

Altri precetti consistono nell’ evitare il male e fare sempre del bene, ma da esso non ci si può mai sottrarre, come per il primo.

Da questo emerge che ogni essere ha: un diritto naturale che gli viene conferito sin dalla nascita, e un dovere naturale  come atto finale per realizzare il suo essere.

Le” particolarità” ,sono  quelle norme che l’ uomo ha estrapolato dai principi universali, contenute  nelle costituzioni, negli statuti, nei codici e in tutte quelle leggi che regolano una  forma di governo democratico. Tali leggi non sono analoghe in ogni stato, perché risentono della cultura e delle tradizioni dello stesso. Pertanto non sempre sono lo specchio di quella moralità individuale o collettiva  nei confronti di chi ha mosso l’ azione inosservante della legge. Nella legge, la morale dipende soprattutto dalla cultura e dalla conoscenza della legge naturale, poiché  non sempre un atto può essere condannato, ma può anche essere ammonito a causa delle circostanze che lo hanno portato in essere (giustificazione di misericordia). Molto spesso osserviamo che le leggi, sentenzialmente  non rispettano la morale dell’ uomo, ma bensì: o una libertà di falsa ontologia, o un fenomeno che non essendo stato corretto sul nascere, si è sviluppato,  reclamando indebitamente di diventare legge, rientrando in quelle “libertà”  negatrici dell’ essenza umana.     

La legge come molti credono non è applicata per il gusto di condannare (questo frusta l’ uomo soggetto a essa), ma è applicata per correggere, rieducare e rimettere l’ individuo al pari dei doveri di colui che invece  li osserva. Come spesso accade, nonostante la volontà della legge sia positiva, spesso non riesce nel suo intento e rimane un qualcosa di ideologico e utopico che crea divario tra la sua potenzialità di essere e il suo atto d’essere nella sua osservanza.

Per Aristotele l’ illuminato preposto al governo, deve rappresentare un genere di valori che siano perfetti al massimo grado per poter essere principio o causa di quanti ne partecipano in rapporto ad esso, ossia deve essere da esempio e preso come esempio. Pertanto la legge è emanata in rapporto al bene comune di una pluri- azione dei singoli. Nulla è stabilito con fermezza secondo la ragione pratica se non mediante l‘ordinamento al fine ultimo, che è il bene comune che  in questo modo ha natura di legge. Infatti,  la politica non è uguale secondo la sostanza dell‘abito a qualsiasi tipo di prudenza, ma a quella prudenza che è ordinata al bene comune. Può essere detta prudenza in quanto è la retta ragione di certe azioni da compiere, ma viene detta politica in quanto è ordinata al bene comune. Pertanto può essere definita politica, soltanto se in essa il mezzo agente emana i precetti con dedizione alla prudenza ordinata al bene collettivo.

L’ essere di per sé possiede il libero arbitrio, inteso come dominio dei propri atti in rapporto alla sua razionalità, e proprio in codesti atti è richiesta una certa rettitudine di governo andando a costituire la specie della prudenza (uno dei cinque predicabili (categorie) di Aristotele), che viene definita  politica.

Quindi la politica del governo è la specie più perfetta della prudenza, così come la rettitudine dei cittadini che è al disotto di essa, conserva il nome di politica. Come avviene anche nella logica, dove un  predicato esclusivo che non esprime l’ essenza di una cosa, continua a conservare il nome comune di proprio. Proprio il predicato (determinazioni costitutive) della specie funge da nome della cosa perché è l’ oggetto con cui entra prima in contatto per conoscere l’ essenza. 

Dopo aver derivato il diritto naturale da una legge eterna dettame del divino, cerchiamo di analizzare fattori , positivi e negativi della politica, come dispensatrice della condizione di vita individuale e collettiva.

Politica, deriva dal greco “polis”, città, determina  l’arte del governare la società.

Le tre forme sostanziali di governo furono già  suddivise in età classica da Aristotele insieme alle relative degenerazioni.  All’ Aristocrazia infatti si contrappone l’ oligarchia che a sua volta degenera nell’ oclocrazia, mentre la monarchia con la tirannide e la politeia  con la democrazia, attualmente chiamata demagogia. Il nostro sistema di governo parlamentare, è fondato sulla democrazia  indiretta, che però utilizza il sistema democratico diretto nei referendum.  A differenza delle forme democratiche di governo del passato, incentrate sul concetto di eguaglianza, nei governi democratici odierni , il tutto ruota  intorno all’ idea di libertà  individuale, espressa nei diritti o doveri del cittadino. Il grado di democrazia è dipendente dalla volontà della maggioranza, che viene espressa mediante il consenso della stessa maggioranza. Pertanto libertà e democrazia non sono sinonimi,  perché può esserci democrazia senza libertà o viceversa o tutte due possono coesistere in uno stesso governo.

Il modus operandi  del politico subietto alla politica, spesso è la chiave della sua efficacia, in rapporto al modo e nel modo dell’ espressione di immedesimazione con la stessa. Un governo per ideologia,  deve essere la massima espressione dell’ osservanza costituzionale, perché opera come garante della stessa ideologia.

Nei nostri tempi possiamo avallare codesta tesi? Siamo in grado di imporre un simile modello politico che ci governi? “Ogni stato ha il governo che si merita”. In genere si definisce così, il corpo  politico che si instaura e che è espressione della volontà di un voto popolare.  La deficienza di un  governo politico può essere nella legge, nei politici o nell’espressione popolare?  Questi  ultimi “decidono” il modello  e i secondi  decidono per gli ultimi e per se stessi.

In seguito “l’ allievo supera il maestro”, dove i maestri in questo caso siamo noi e gli allievi i nostri politici, che inviamo al parlamento per farci governare.  Ciò  che supera il maestro non è l’allievo, ma la conoscenza che l’ allievo ha appreso dal maestro. Quindi un governo è lo specchio della maggior parte del modo d’ essere di una società, che decide cosa è meglio per sé e non  per gli altri. Questo accade nella maggior parte del mondo, come ho anche ricordato in un altro articolo, l’ uomo sogna di colonizzare altri mondi e poi non è in grado di dare un volto positivo al suo, che lo ospita da millenni. La ricerca studia per scoprire cure mediche  per malattie che noi stessi causiamo, quando la cura è nel far cessare la causa. Immaginiamo e progettiamo viaggi per colonizzare nuovi mondi, quando un terzo del nostro pianeta muore per la fame. Non siamo in grado di gestire il nostro di pianeta, immaginiamo gli altri; spendiamo miliardi in armamenti e ricerca bellica per tenere sempre soggiogato chi abbiamo reso schiavo, fin dai tempi passati con il colonialismo e lo schiavismo. Per questo vogliamo conquistare altri mondi, per rendere, gli altri nostri schiavi come noi lo siamo di noi stessi,delle nostre iniquità e delle falsità ideologiche, che rivestiamo come abito nel quotidiano. Non possiamo essere padroni del mondo se non siamo nemmeno l’ essere di noi stessi, (in quanto “possediamo” il nostro corpo), abbiamo la vita ,e non la ragione di vivere, abbiamo l’ esistenza, e non l’ eternità, poiché  non siamo esseri eterni, infiniti dal moto immobile, ma finiti nel divenire  dell’ esistenza temporale di un moto mobile psichico e materiale. Dobbiamo riconoscere la nostra potenzialità limitata  nell’ esercizio del nostro agire e operare sempre con il fine del bene comune collettivo. Molto spesso, la politica dimentica che il suo operato di oggi sarà il riflesso della condizione socio-economica del domani e che l’ onesta è la luce di quel faro che non bisogna mai perdere di vista. Uno dei mali principali della politica è la demagogia, che soprattutto in questo periodo incalza da tutti gli schieramenti, creando confusione e instabilità decisionale tra i cittadini. La demagogia per definizione è un atteggiamento atto a far leva sulle necessità, i bisogni e i sentimenti di quella porzione di stato, che è privo o carente di un determinato bene come modo d’ essere. La costanza delle “promesse elettorali”, non deve appartenere,  o essere di una fazione politica, ma bensì è un dare ciò che per  diritto è già di quella società che è stata privata di quel bene in  un  modo irresponsabile e irrispettoso dall’ operato politico. Uno stato non ha bisogno di un colore o di un nome per poter essere garante di se stesso, ma di persone che collaborano e cooperano insieme senza che interessi personali o di terze parti influenti sulle prime decidano per una nazione.  Le parti politiche dovrebbero cessare di esistere, perché dividono le genti con il loro continuo additarsi come colpevoli di questo o di quello, quando poi  sono tutti colpevoli  o per causa o per omertà ,visti soprattutto,  gli ultimi avvenimenti giudiziari e crack finanziari  dove la corruzione fa da padrone.

Pertanto non è promettendo ciò che ci appartiene di diritto che rende votabile l’ uno o l’ altro aspirante politico, ma l’ onesta personale, professionale  e l’ etica dei valori che egli pone come sua guida nel suo mandato di governo, che lo reputano capace di assolvere il compito a cui verrà designato. Un alto grado ontologico può determinare la definizione del pensiero, come un alto grado di professionalità specifica, nei compiti designati darà risultati senza errore. Oggi la politica è cambiata drasticamente, infatti non possiamo paragonare gli schemi politici di 20-30 anni, ma anche di 10 anni fa a quelli odierni. Tutta la politica oggi si fonda sull’ economia, l’ imprenditoria, il management, il marketing, ricerche di mercato globali, in poche parole sull’ arte della  speculazione monetaria. Naturalmente, chi ne risente di tutto ciò sono coloro che sono allocati in una posizione di svantaggio all’ interno del sistema societario e che per condizione individuale o di estrazione non hanno il mezzo per far conoscere la loro “pena” e si affidano, sbagliando, a promesse o garanzie che migliorino la qualità del loro futuro.

Ogni singolo cittadino, costituzionalmente, ha diritto ai mezzi di sostegno per la realizzazione  della propria persona  (istruzione civica, morale, religiosa, formazione professionale …), perché abbia una vita paritaria ed egualitaria di sviluppo all’ interno del sistema società. Molto spesso assistiamo allo sviluppo di strutture private, che si occupano di fornire servizi sociali all’ interno delle comunità bisognose. Ciò non deve, e non dovrebbe accadere, perché quella benevolenza d’ animo manifestata da tali strutture,  è la reazione all’ effetto di una causa, di mancato funzionamento del sistema stato che defice in alcune sue competenze. Uno stato che si rispetti, non deve sperare nella benevolenza privata, ma sulla propria,  perché fa parte dei suoi doveri istituzionali garantire i diritti di ogni suo singolo individuo. Conseguentemente, la politica non deve sostenere con  la promessa, un diritto già in essere, ma il divenire dell’ essere garante di quel diritto , seguendo l’ evoluzione del suo genere e della sua specie per adempiere nella totalità della sua specificità di competenza nell’ esaltazione delle  proprietà (dare sostanzialità costituente alla sostanza).

Se tutto ciò non accade, non è colpa tanto dei politici, ma nostra,  perché loro sono il nostro modo d’ essere, ed essendo i nostri rappresentanti,  sono ciò che noi siamo. Se sono corrotti e scarsi di competenza, lo sono perché noi siamo così, egoisti ed egocentrici, fieri di noi stessi sempre a giudicare e mai a giudicarci. Il politico non è colui che ha il potere, ma è colui al quale è dato il potere, mediante espressione  di una volontà popolare che si attua identificandosi nello stesso. Se le volontà divergono, si crea un divario tra la classe dirigente politica e il restante stato che perde la fiducia di governo nella stessa classe. Questo è accaduto e accade tutt’ ora, tant’è che il nostro sembra più uno stato di anarchia che uno stato costituzionale, dove le leggi sono un’ optional,  non una rotta da seguire, ma una rotta da evitare perché compromettono il raggiungimento di un fine personale, dettato da corruzione e corruttibilità.  Pertanto non dobbiamo cercare lontano,  le cose vicine che ci appartengono di diritto,  e tantomeno cercare il modo di essere favoriti rispetto ad altri perché le conseguenze sono quelle appena descritte. In particolare, cerchiamo Dio che è dentro di noi, ascoltandolo per capire qual è  il nostro bene, da usare poi come strumento coercitivo, in colui che aspetta proprio noi per alleviare la sua sofferenza. Questo indica che se una sociètà ha delle regole è perché vengano osservate  e la stessa non le invalidi, cadendo nel disordine e nel caos.

Perciò non chiediamo onesta d’etica e rettitudine morale alla  politica, ma a noi stessi, con i nostri atteggiamenti nell’ interagire quotidiano.

Spero con questo mio breve pensiero di aver illuminato il lettore, indicandogli i principi base della  legge naturale, come derivato da quella eterna, fino alla politica che si identifica nella Costituzione. Proprio la nostra Costituzione è la base da cui partire, perché se non si parte da essa su quali fondamenti costruiamo il nostro governo? 

Ogni uomo , soprattutto  chi occupa un posto di comando, deve sempre tener presente che egli è la causa prima delle operazioni che qualificano il modo d’essere di una società. Il potere di solito annebbia la ragione di chi lo detiene, dimenticando che il sottrarsi dalle disposizioni particolari dell’ uomo, non lo sottrae da quelle naturali, perché  una persona verrà ricordata per il bene fatto e non per quello non fatto. Ognuno di noi si qualifica per il suo essere, in questo tempo, edificando se stesso nel bene,  perché poi  ritorni a vivere  nella casa del Padre che gli ha donato la vita come segno del suo amore. Infatti per la filosofia e la tomistica, l’uomo non può perdere l’ essere, ma il divenire del suo essere come modo di essere. Perde l’ essere in atto, per ridivenire essere in potenza, perdendo l’ abito di una forma inferiore (corpo materiale) e acquisendone uno nuovo,  designato per  una forma superiore.

 La  nostra beatitudine sarà la conferma della nostra rivelazione, unita al nostro modo d’ essere conoscitivo. Sarà l’ identificazione della verità prima, ma accidentalmente conosceremo altre verità di tempo, che indicano l’ onnipotenza infinita di Dio.  

Perciò decidiamo con sapienza della e nella nostra vita,  perché essa è la madre di ogni conoscenza,  ciò che si tramanda da padre in figlio, da generazione a generazione e che esprime l’ essere di ciò che siamo. Accresciamo la sapienza tramandata con il nostro conoscere odierno,  perché i nostri figli domani attingano da essa per costruirsi su un mondo migliore privo di ogni forma di egoismo.