Il 30 Giugno 2021si è svolta, nella Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica a Roma, l'audizione di Antonio Antonaci, medico chirurgo di Medicina Generale a Galatina. La testimonianza del noto meico galatinese è entrata così a far parte dei lavori preparatori relativi al disegno di legge n. 1827, Istituzione dello psicologo delle cure primarie. Da tempo, nel suo studio di via Soleto, il dottore Antonaci sperimenta la presenza dello psicologo durante l'attività ambulatoriale.
Quello che segue è il suo intervento molto apprezzato dai Senatori: "Onorevole Signora Presidente, Ill.me Signore Senatrici, Ill.mi Senatori, mi chiamo Antonio Antonaci e sono un Medico di Medicina Generale convenzionato con il S.S.N. che vive ed opera a Galatina, in provincia di Lecce. Per più di tre anni sono stato SPERIMENTATORE E PROMOTORE DELL’INTERAZIONE PROFESSIONALE TRA il MEDICO DI MEDICINA GENERALE e lo PSICOLOGO; infatti, una psicologa è stata, per tutto il periodo, presente con me nel mio studio. Dico subito che i risultati della mia sperimentazione, in termini di benefici per la salute dei pazienti e gradimento da parte della gente, sono stati eccezionali ed entusiasmanti.
Aiutare chi ha bisogno, intervenendo al primo contatto, con l’immediatezza di chi è sulla “prima linea”, è compito peculiare e irrinunciabile per chi opera come Medico di Medicina Generale convenzionato con il SSN; e lo fa, con coscienza e competenza. La caratteristica principale del rapporto medico-paziente, nel caso specifico del Medico di Famiglia è “l’intimità” di questo rapporto, che si traduce in una relazione di reciproca e, pressoché, completa conoscenza personale, di stima e senso d’appartenenza; fondati sulla scelta individuale e sulla fiducia, che ne sono alla base. Questi sono i pilastri su cui è costruita l’idea; i punti di forza, ineguagliabili da qualsiasi altra figura medica e in qualsiasi altro contesto sanitario. Come premessa, vorrei ricordare che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità - WHO) definisce ufficialmente la Salute come: “Stato di benessere fisico, psichico e sociale”.
Inoltre, recentemente, sempre l’OMS ha riconosciuto, quale condizione pre-patologica la “Sindrome del Burn-Out”. Un moderno SSN, nell’offerta dell’assistenza al cittadino, per una completa e reale garanzia di salute, non può, quindi, oggi, prescindere dal porre a disposizione di tutti, nel modo più facile possibile, in termini di accessibilità e capillarità, l’assistenza psicologica. Per quanto detto in principio, ciò può realizzarsi direttamente presso lo studio del Medico di Medicina Generale, come pure in altre condizioni operative e logistiche che consentano però uno stretto collegamento con esso; attraverso un’interazione operativa costante ed una sinergia professionale tra le due figure sanitarie. Ciò deve poter riguardare, in modo particolare, anche se non esclusivamente, gli studi dei Medici di Famiglia che sono organizzati attraverso le associazioni ed in forma complessa, con la presenza di altro personale sanitario ed amministrativo (collaboratore di studio e infermiere professionale). Lo studio del Medico di Famiglia è l’unica struttura del SSN che consente l’accesso dei pazienti (che, non a caso, si chiamano “assistiti”) in maniera libera, gratuita, fiduciosa; ma, soprattutto, riservata; nel senso che mai si potrà essere esposti al rischio di mancanza di privacy e, quindi, di “pregiudizievole classificazione”. Nell’ambulatorio del proprio medico, si entra e si esce: per una prescrizione? Per un certificato? Per un’iniezione o una medicazione? Per un vaccino? O anche, allora, per un colloquio con la psicologa o lo psicologo. Ma, nessuno dei presenti in sala d’aspetto, lo potrà mai sapere; in quella sala d’aspetto, dove forse tutti si conoscono, nessuno sa cosa sta lì a fare l’altro. Questo è molto, molto importante specialmente per chi, ad esempio, “veste una divisa” e non può esporsi, per motivi che ben si comprendono; laddove, per “divisa” non si intende solo quella vera, indossata dai militari o dalle forze dell’ordine, ma anche quella “simbolica” di un sacerdote, di un medico, del professore o del preside della scuola del paese, del noto magistrato e, perché no, del politico; cioè di coloro che, nell’ambito in cui vivono e operano, hanno un ruolo di rilievo, di guida, di rappresentanza, di particolare responsabilità sociale e civile verso gli altri cittadini.
Siamo tutti persone, nessuno escluso. In una struttura della Asl adibita ad un servizio di psicoterapia (Consultori, CSM, Poliambulatori o altro) e quindi pubblica e, soprattutto, specifica e ben identificata per tale servizio, la garanzia della privacy non è assicurata. Inoltre, si badi bene che, avendone le possibilità economiche, anche andando privatamente da uno psicoterapeuta, non è escluso che ci si imbatta in qualcuno che si conosce, in quella sala d’aspetto o nell’ascensore o all’atto del citofonare al portone d’ingresso, ecc. ecc.. Quando si frequenta lo studio di uno psicologo, per mesi o addirittura anni, prima o poi, succede. Ora, questo aspetto che a noi, qui, potrebbe sembrare “arcaico”, ipocrita, espressione di arretratezza culturale, è invece, purtroppo, ancora la principale causa di mancato ricorso, nel bisogno, alle cure psicologiche; il che può significare la degenerazione di un disagio, di un malessere allo stato iniziale, non ancora severo, che potrebbe tranquillamente essere risolto con la psicoterapia, in forme serie di psicopatia conclamata; fino a conseguenze estreme. Tra i militari e gli operatori delle forze dell’ordine sono sempre numerosi i casi di suicidio, purtroppo; e ciò è spesso conseguenza proprio al mancato ricorso alle cure psicologiche, poiché si tende a chiudersi, come in una corazza, in quella divisa, che si crede di disonorare manifestando il proprio disagio interiore e facendosi aiutare. E qui, si introduce l’altra caratteristica fondamentale della forma di interazione professionale da noi sperimentata: la tempestività dell’intervento, la facilità dell’approccio, laddove se ne ravvisi l’esigenza; l’individuazione subitanea del caso misconosciuto e latente: il Medico di Famiglia è il primo ad accorgersene; talvolta, ancor prima dei familiari del paziente stesso. La popolazione degli assistiti si rivolge al proprio Medico di Famiglia, per un’infinità di problemi e disturbi i quali sono espressione, nel loro complesso, di una mancanza di quel “benessere fisico, psichico e sociale”, ma che, in molti casi, non fanno ancora “malattia”. La gente riferisce sempre più: “stanchezza cronica; mal di testa continui; dolori addominali con alterazioni del fisiologico funzionamento intestinale; bruciore da reflusso gastro-esofageo, difficoltà digestive; dolori articolari diffusi ed aspecifici; disturbi del sonno; irascibilità; irrequietezza; prurito; difficoltà a fare i respiri, ecc.”.
Compito del medico è capire se, dietro a questo “malessere” ci sia una patologia organica vera e propria o se il tutto sia invece frutto di un profondo disagio interiore, un “disequilibrio incontrollato” provocato dal cosiddetto “peso della vita”, fatto di: angosce, frustrazioni, paure, conflitti e sconfitte, senso di solitudine e di abbandono, difficoltà economiche, eccesso di responsabilità e stress; a cui si affiancano mancanza di conferme, riconoscimenti ed apprezzamento; in ambito familiare, lavorativo, sociale: il Burn Out, appunto. Non credo sia pleonastico affermare che tale fenomeno è enormemente aumentato con la pandemia; anzi va assolutamente rimarcato. Perché se è vero, come diceva S. Freud, all’inizio del secolo scorso, che nella nostra vita “l’unica certezza è l’esistenza delle incertezze”, allora la vicenda Covid ha fatto, di tale asserzione, la base della sua principale “arma di distruzione di massa”. In quanto, il dover ascoltare e subire, quotidianamente, “tutto e il contrario di tutto” ha provocato alla salute della popolazione italiana più danni del virus stesso. Ed io posso liberamente affermare quanto sopra, con la certezza di non poter essere individuato come “negazionista”, questo è sicuro: ho avuto centinaia di miei assistiti affetti dal Covid, ne ho curato moltissimi a casa e, ad oggi, ho vaccinato quasi 300 di essi. Ora, al Medico di Medicina Generale, il poter operare, interagendo con un esperto del campo, lo Psicologo, appunto, consentirà l’approccio integrato, completo, efficace e, soprattutto, tempestivo ed appropriato, per la risoluzione del problema posto dal paziente. Un supporto psicologico di base deve poter essere garantito agli uomini ed alle donne dei nostri giorni. A tutti, gratuitamente e, nei casi previsti, anche a domicilio. Perché tutti possiamo “soffrire” di difficoltà all’interno della famiglia o di traversie lavorative o di vicissitudini sociali, di situazioni difficili e gravose, le più disparate. Una separazione matrimoniale, un licenziamento, un cancro che “giunge a ciel sereno”, una vita accanto alla persona amata ammalata di una grave malattia e da assistere quotidianamente (pensiamo ai coniugi dei malati di Alzheimer), i dissidi tra genitori e figli (le restrizioni da pandemia hanno scompensato, più che mai, i rapporti tra adulti e giovani); tutte queste situazioni di vita reale, portano al bisogno di un sostegno psicologico. E non si tratta, questo è importantissimo, di malati psichiatrici, di portatori di malattie mentali vere e proprie e, pertanto, diagnosticate in quanto tali, ma di persone “sane di mente” che vivono un disagio interiore profondo. Disagio che, se non approcciato e trattato tempestivamente e, soprattutto, in maniera competente, può evolvere in patologia. Quindi, secondo la mia intuizione, il Medico di Medicina Generale, così come ha il compito della prevenzione delle patologie cardiovascolari, metaboliche, polmonari, ecc., così farà prevenzione anche delle malattie mentali e sarà il vero “tutor” della salute del suo assistito, a 360 gradi; del suo paziente, che va perciò considerato olisticamente, in quanto “persona”. Infine, aspetto assolutamente importante per chi amministra la cosa pubblica, in un momento in cui la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale è a rischio, è il risparmio che si può ottenere, in termini di appropriatezza e razionalizzazione nell’utilizzo delle risorse, grazie a questa forma di collaborazione. Si evitano il ricorso all’automedicazione talvolta pericolosa e dannosa e gli sprechi, nella prescrizione di farmaci ed esami diagnostici. Ma il dato assolutamente singolare e più inaspettato, che è emerso dall’esperienza da me portata avanti, è che la più grande soddisfazione finale spetta proprio al medico: il suo ruolo centrale, nella presa in carico globale del proprio assistito, non viene minimamente intaccato, anzi, direi che ne esce magnificato. Il Medico di Famiglia riceve dai suoi assistiti, per quel che ha dato loro assieme allo Psicologo, un apprezzamento personale, un riconoscimento di stima, una gratitudine che costituiscono, oggi, di gran lunga, per chi fa seriamente la mia professione, l’unica ragione per trovare la forza d’andare avanti. Illustri Signore Senatrici, Illustri Senatori, nelle Vostre mani vi è l’opportunità di far compiere un vero salto di qualità, direi storico, epocale, al nostro Sistema Sanitario Nazionale, per rendere quel diritto alla salute ed al benessere sociale, sancito dalla nostra costituzione, moderno, adeguato ai tempi e, quindi, pienamente garantito a tutti i cittadini italiani; per una vita sana, serena e produttiva".
